domenica 7 luglio 2013

BREGANTINI A SPOLETO: "Il cuore dell'umanità: il perdono"

Campobasso 7 luglio 2013 

Perdonare le offese
L’arcivescovo di Campobasso –Bojano al festival dei 2 Mondi di Spoleto
Le “prediche spirituali” sulle 7 opere di misericordia spirituale
 Un intervento appassionato ed accorato, che naviga lungo le onde dell'esperienza personale e comunitaria. Con parole chiare e schiette, dettate dal cuore e dalla ragione, Mons. bregantini ha affrontato  il tema, di scottante attualità: "perdonare le offese", dinanzi al pubblico attento e partecipe del festival dei due mondi di Spoleto domenica 7 luglio.

Fin dall'inizio ha subito precisato che "Tutti abbiamo da perdonare e tutti abbiamo da chiedere perdono." E' nella natura dell'uomo l'offesa ricevuta investe il cuore di tutti; così il perdono s’intreccia strettamente al bisogno di redenzione dell'uomo. Utilizzando tre immagini chiave il Presule  di Campobasso-Bojano ha diviso il suo intervento  nel "cuore", che è scoprire il cuore di Dio; nei "passi": che ci aiutano a vivere un itinerario, e nelle "mani" che attualizzano l'arte del perdonare.
Partendo dai dati del vissuto personale,  Bregantini ha immerso il pubblico nel dramma  delle faide  e del carcere e ha confessato di aver imparato lì la più grande lezione sul perdono. Come Francesco dapprima provò ripugnanza per il fetore del lebbroso e poi lo abbracciò così  anche il giovane Bregantini trovò la "grazia" come base spirituale e teologica della riconciliazione che si condensa nel Cristo che, sulla croce, invoca il Padre perché perdoni. Un atto sublime della misericordia!
Dunque il centro del messaggio del vescovo è nella parola gratuità, che richiama alla grazie ma anche al grazie, elemento indispensabile per costruire una dinamica del perdono. Toccante il richiamo alla logica della vendetta, che distrugge il perdono: "Con un cuore così, che conserva nella sua storia il ricordo delle offese subite e dei mali avuti con la stessa pericolosità con cui si trattiene nel corpo una freccia rugginosa, che crea subito il tetano...allora non c’è più speranza di riconciliazione.
Ecco perché ho visto in terra di Calabria paesi distrutti dalle faide. Giovani uccisi al ritorno del funerale appena celebrato di altri giovani portati al cimitero. Ragazzi distrutti fin nelle lontane Americhe, per lo stesso spietato desiderio di vendetta.
Ed anche certi funerali, dentro la logica delle faide, li ho presenti come i momenti più tristi della mia vita di prete e di vescovo. Musi duri, impietriti, con vuote parole di speranza e di perdono!" Al contrario, la proposta di Bregantini è liberante, nata dall'acuta osservazione della dimensione psico-sociale  di certe famiglie della Calabria, un percorso che inizia dalla "pulizia delle ferite del passato per evitarne il ritorno", fino alla "preghiera, come arma del perdono" che sfocia nella "confessione". "Succede che con chi ha compiuto questo meraviglioso cammino di grazia è ora in grado di essere un ministro di consolazione" sembra concludere Bregantini offrendoci una fenomenologia spirituale del perdono che trova una sintesi in queste parole:" purificazione della memoria, intercessione, emulazione, esortazione, consolazione."
Certamente contestualizzare un intervento del genere  nella terra in cui ha operato in modo  fortemente testimoniale questo pastore,  un pò di anni fa alla ribalta delle cronache  per la sua coerenza e il suo schierarsi al fianco dei più deboli, fa rabbrividire ed emozionare. Sono le  parole di un testimone di fede che ha vissuto in prima persona gli effetti devastanti della vendetta e della mancanza del perdono. Nella parte conclusiva delle riflessioni di padre Giancarlo, la toccante immagine delle "mani del perdono" che si protendono in una "prassi di riconciliazione". Le mani che si aprono , le mani che non feriscono ma accolgono, le mani che non premono grilletti per uccidere ma  aiutano il ferito a rialzarsi. La riconciliazione è il sale del Cristianesimo: nella società, nella comunità, nella famiglia.  Un accenno "rivoluzionario" ed estremamente attuale anche per la situazione sociale italiana è il concetto di perdono  nel carcere. In una "pastorale per i detenuti" resta fondamentale l'opera di misericordia del visitare i carcerati, per offrire al loro cuore spazi di speranza: il lavoro esterna, l'utilizzo delle pene alternative, affinché  realmente la pena  sia non detentiva e punitiva ma rieducativa. Un accento polemico lo riserva al senso dell'ergastolo: perché il perdono tutto può, sembra affermare Bregantini e l'ergastolo è la negazione della misericordia divina.  Dalle sue parole un invito alle scuole che, come don Milani, devono avere il coraggio di operare riflessioni diverse  sulla storia. Rileggere il passato con  gli occhi dei "vinti"; educare i ragazzi al concetto di perdono delle offese, da chiunque commesse, in campo militare, ma anche oggi in una dimensione politica e sindacale, per attuare un nuovo stile di dialogo in una società che, al contrario, tende sempre più ad una chiusura nel proprio ego. Si deve affermare- continua Bregantini - avviandosi alla conclusione di questo intervento appassionato che certamente ha contribuito a stilare in modo chiaro un messaggio cristocentrico del perdono nella nostra società,  una cultura della non violenza nei confronti dell'uomo e della natura.  "La custodia del Creato" è una nuova e quanto mai attuale forma di "misericordia" che  necessariamente deve essere estesa alla coscienza di tutta l'umanità. Le ferite inferte al creato  vanno sanate -afferma con  decisione Bregantini- a tutti i livelli, per donare all'umanità un nuovo ed urgente respiro.
 Le conclusioni di questo  discorso l’arcivescovo di Campobasso le affida agli uomini di buona volontà che hanno il coraggio di ripercorrere un cammino costellato " di lacrime grandi ed amare".   "perdonare è rispondere a Dio nel modo più alto e puro che abbiamo a disposizione".  E il pubblico di Spoleto, in un silenzio  che è condivisione, ha annuito. La libertà dell'uomo in Dio si caratterizza  nel saper perdonare. L'applauso ha sugellato   queste parole di un uomo di fede che ha sperimentato nella propria  esperienza pastorale la devastazione della  assenza di perdono e la bellezza della misericordia.

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