Quarto appuntamento di INCAS…”in teatro 2012”
“BOSsOLO”
sabato 18 agosto, ore 21.00
Sepino (Cb)
Sala Santo
Stefano
Via Santa Cristina
MARCO CALDORO
in
“BOSsOLO”
scritto da ANTONIO
PALUMBO
diretto e interpretato da MARCO CALDORO
aiuto regia GIULIO
MARONCELLI
scene e costumi MARISA
VECCHIARELLI
Una Produzione
MOLIART
Bari. Borgo antico. Una domenica di estate del 1964. Una donna è intenta a mescolare il ragù nella cucina di casa sua e tenta di svegliare il figlio ancora a letto nella propria stanza. Una vecchia radio trasmette musica.
Trent’anni dopo, quel ragazzino restio a destarsi, diventerà un potente uomo di malavita.
Lo ritroviamo , con un salto temporale sottolineato dallo scandire di una macchina da scrivere di un commissariato in cui il brigadiere sta compilando le anagrafiche dell’indiziato, all’interno del suo studio. C’è un morto e il boss dietro la scrivania.
Fuori le sirene della polizia sanciscono la sua, oramai, imminente cattura.
Bossolo è l’ epilogo dell’esistenza di un boss di mezz’età della malavita che si ritrova, forse per la prima volta, a riflettere su se stesso. Una persona che ha fatto del crimine la propria ragione di vita, che non riesce ad ammettere e ad accettare che la sua filosofia non paga.
L’introspettiva di un uomo che riesce ad andare oltre l’ handicap fisico che lo costringe su una sedia a rotelle, che si pone verso sè con lo stesso atteggiamento e l’etica con cui si è sempre posto verso gli altri e nei confronti di Dio: “ …che Dio li perdoni, e lo farà, perché è il mestiere suo. Quanti ne ho perdonati io ?!...”
Note dell’autore
Nascere
al sud ,ho sempre pensato, ti mette in vantaggio rispetto al resto del mondo.
Dall’esperienza
diretta di venticinque anni vissuti in uno
dei quartieri più popolari di Bari è nata la voglia di analizzare e comunicare
il mio punto di vista riguardo l’essenza della filosofia “mafiosa”, che non è
soltanto una cultura radicata in Sicilia, ma ben diffusa in tutta l’Italia
Meridionale.
Non
voglio parlare dell’aspetto più conosciuto del fuorilegge,ma piuttosto del
normale atteggiamento verso la vita, del codice di sopravvivenza che una gran
parte dei meridionali, sviluppa gradualmente e fa proprio durante la vita.
E’
sicuramente la risultante di varie cause, ma essere tutti i giorni a contatto
di una terra da sempre abbandonata dalle stanze della politica a se stessa e,
rivalutata solamente durante le campagne elettorali come fonte inesauribile di
pesca, ti porta a capire tutto l’underground di una cultura che resiste al
tempo.
Il
boss non è essenzialmente un malvivente, il boss è un individuo che si è
costruito il suo castello di certezze e di regole in base alle sue esperienze
,essendosi creato un codice morale in cui tutto deve ruotare ed adattarsi alle
proprie esigenze.
E
così ci si ritrova spesso di fronte ad individui che pur non avendo mai avuto a
che fare direttamente con la legge, trasudano quell’ atteggiamento che incute
rispetto, sicurezza di sé e timore.
Chi
viene da un’altra cultura difficilmente potrà capire le apparenti incoerenze
tra gente che professa un’insolubile fede cristiana unitamente a una vita
portata all’egoismo della sopravvivenza propria e della famiglia al di là del
rispetto intimo per il prossimo: si agisce giustificando ogni gesto in funzione
della propria persona , giorno dopo giorno costretta a doversi difendere dal
grande nemico:lo Stato.
I
cantanti napoletani, per intenderci quelli che cantano di povertà, di galera,
di amore proletario e contrabbando sono l’esempio più tangibile del
Boss-pensiero :“ …ma come fanno questi ragazzi a campare se lo Stato non li
vuol fare lavorare, prendono una brutta strada e poi vanno a rubare per portare
un pezzo di pane a casa..”(A.Cavallaro)
Il
personaggio è un uomo del sud, che si trova a confrontarsi,forse per la prima
volta con se stesso. Ho volutamente inserito due aspetti importanti: lui è un
criminale ed è costretto su una sedia a rotelle.
La
morale: da un lato un monito a chi pensa che la professione di uno stile di
vita criminale non possa portare altro che gioie e soddisfazioni senza un
prezzo(alto)da pagare; dall’altro trasmettere ai giovani,che oggi più che mai
si lasciano guidare dalla cultura dell’immagine,che la forza d’animo, il
credere in se stessi e la volontà vanno ben oltre i limiti fisici che ha ognuno
di noi.
Marco Caldoro è nato a Campobasso e ha intrapreso la carriera di attore
nel 1998 frequentando la scuola biennale di recitazione diretta da Giorgio
Trestini perfezionandosi in vari laboratori con Marco Maltauro (2005), Paolo
Rossi (2009), Michele Placido(2009) e seminari con Beatrice Bracco (2006/07).
Ha recitato in “L’amore di gruppo” (scritto e diretto da Giorgio Trestini,
2000/01), “L’avaro di Moliere” (regia di Mario Scaccia, 2002/03), “La
mandragola” (di N. Machiavelli, regia di Mario Scaccia, 2003/04), “Elettra” di
Euripide (regia di Walter Manfrè, 2004), “The Connection” di J. Gelbert (regia
di Marco Maltauro, 2005), “Happening di delirio organizzato” (regia di Paolo
Rossi, stagione 2008/09) "La vendetta è il racconto" (regia di
Adelchi Battista 2009).
In
qualità di regista ha diretto “Il calapranzi” di Harold Pinter con Riccardo
Zinna e Stefano Abbati (2009).
Nel cinema ha interpretato ruoli in “Il
segreto del successo” (regia di Massimo Martelli, 2002), “Il regalo di Anita”
(regia di Antonio Domenici, 2002); “Si può fare” (regia di Giulio Manfredonia,
2008), “Scusa ma ti voglio sposare” (regia di Federico Moccia, 2009) e per la
televisione in “Ferrari” (regia di Carlo Carlei, 2002), , “La squadra” (di Francesco
Miccichè, 2005), Donna detective” (regia di Cinzia Th Torrini, 2007)Il capitano
2 (regia di Vittorio Sindoni 2007), Raccontami 2 (Regia di Riccardo Donna
2008), Don Matteo 7 (Regia di Giulio Base 2009) Un cane per due (Regia di
Giulio Base 2010).
Prossimo
appuntamento:
26 agosto 2012
"da giovedì a giovedì" di A.De Benedetti con "Maschere
Nude-amici del teatro pirandelliano"
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