STELLE AL MERITO DEL LAVORO “ALLA MEMORIA”.
GLI EROI DELLA NOSTRA MEMORIA.
Caduti di Marcinelle 8 agosto
1956
CASCIATO
Felice nato a Sant’Angelo del Pesco (IS) – Moglie tre figli
CICORA Francesco nato a San Giuliano di Puglia (CB) – Moglie e sei figli
GRANATA Francesco nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e due figli
GRANATA Michele nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e due figli
MOLITERNO Michele nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e quattro figli
NARDACCHIONE Pasquale nato a San Giuliano del Sannio (CB) – Moglie e tre figlie
PALMIERI Liberato nato a Busso (CB) - Celibe
CICORA Francesco nato a San Giuliano di Puglia (CB) – Moglie e sei figli
GRANATA Francesco nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e due figli
GRANATA Michele nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e due figli
MOLITERNO Michele nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e quattro figli
NARDACCHIONE Pasquale nato a San Giuliano del Sannio (CB) – Moglie e tre figlie
PALMIERI Liberato nato a Busso (CB) - Celibe
Credo sia importante, in
occasione del 56° della tragedia mineraria di Marcinelle, dedicare, ancora una
volta un pensiero, una riflessione su questa vicenda amara che rappresenta una
delle tante pagine tristi della storia dell’emigrazione, che è poi la nostra storia.
La storia non solo in
quanto racconto di fatti e avvenimenti lontani, ma la storia intesa come
qualcosa di strettamente legato alla nostra memoria e alla nostra cultura: la
cultura di una comunità, che nasce dal consolidarsi e dal tramandarsi nel tempo
esperienze, racconti, eventi, valori riconosciuti come universali e condivisi.
Nell’epoca della civiltà
delle immagini in cui tutto scorre ininterrottamente e si esaurisce nel
frammento di pochi istanti, il flusso degli eventi scivola veloce nelle
immagini di uno schermo e la scomparsa lenta dei protagonisti e dei testimoni
ci può far perdere, a volte, il significato autentico degli avvenimenti, delle
cause che li hanno determinati e delle conseguenze che hanno prodotto.
Riflettere sulle
problematiche legate al mondo dell’emigrazione acquista ancor più valore in un
momento storico in cui questo argomento è oggetto quotidianamente delle
cronache dei giornali, del dibattito politico e non solo. L’incontro tra
culture dovuto ai flussi migratori, seppur determinato dal bisogno e dalla
speranza, ieri come oggi, di costruirsi un futuro migliore, dovrà
necessariamente tradursi in occasione di arricchimento umano e culturale, oltre
che economico.
Il
nostro grato pensiero deve essere rivolto alle generazioni di italiani
impegnati a scavare gallerie, nell’edilizia e nell’agricoltura, nei lavori
pesanti e disagiati, con alloggi precari, a volte vere e proprie baracche,
sottoposti a sacrifici umani, materiali e sociali e spinti all’estero dalla
voglia di migliorare le proprie condizioni di vita.
Nell’anno
2000 ho iniziato ad occuparmi della vicenda di Marcinelle, rendendomi conto che
il fluire del tempo non può sopprimere il ricordo delle tragedie che scandiscono
inesorabilmente la vita dell’uomo.
Il
ricordo, è un dovere che assume un valore più grande quando il ricordo è
ispirato da profondi sentimenti di partecipazione al dolore altrui.
Per
grandi linee ricordiamo quale fu la dinamica della ‘catastròfe’ di Marcinelle:
Ore
8.10 di una calda giornata d’agosto: è l’
8 agosto 1956. La tragedia si abbatte sul pozzo Saint Charles del Bois du
Cazier.
La
gabbia, cui era stato agganciato in maniera errata un carrello pieno di
materiale di scavo, battendo contro le pareti del pozzo, spezza una putrella,
trancia il cavo ad alta tensione che immette energia elettrica nelle sedi di
estrazione e la vicina condotta forzata dell’olio.
Come
in tutte le grandi tragedie il fattore umano è stato un elemento importante:
potremo chiamarlo ‘distrazione’, ‘disattenzione’, ‘mancanza di protezione per
condizioni di lavoro pericoloso’. Il freddo conteggio porta questi dati:
262 minatori morti, appartenenti a 12
nazioni, di cui 136 italiani e tra questi 7 molisani.
Il
più anziano dei minatori si chiamava Wilmar Germain, nato nel 1897; il più
giovane, Gonet Michel era nato il 3 giugno 1942. I minatori lasciarono 406
orfani.
Nella
triste ‘catastròfe’ di Marcinelle, primo attore fu il bojanese Antonio Iannetta
che era l’incaricato della manovra e che, purtroppo, non riuscì ad evitare la
sventura.
Fu
l’inferno: il fuoco ed il fumo furono il campanello d’allarme a tutto il paese
che corse attonito e sbigottito alla ‘mina’, quando i primi soccorritori già
giunti sul posto, trovavano una situazione inimmaginabile cercando di
raggiungere la galleria più bassa, posta a 1035 metri di quota.
Solo
dopo quattro lunghi giorni fu possibile raggiungere il livello 907.
I
parenti e la gente accorsa da più parti, aggrappati al cancello del Bois du
Cazier attendevano muti qualche parola di speranza. Con il passare dei giorni
la speranza farà posto alla disperazione e soltanto il 17 dicembre la mina
matrigna restituirà le ultime quattro vittime.
Iniziò
il processo per accertare i colpevoli ed il 1 ottobre 1959 il Tribunale di
Charleroi emise il verdetto di assoluzione per gli amministratori e i direttori
della miniera.
L’11
febbraio scorso Antonio Iannetta è morto a 88 anni a Toronto in Canada, dove si
era trasferito: con lui sono spariti i segreti di Marcinelle. Avrebbe potuto
ricordare come andarono esattamente le cose, ma sparì pochi mesi dopo
l’incidente e solo nel 1976 fu ritrovato ed intervistato da un giornalista
belga ma, poco si capiva dal suo racconto, fatto in un incredibile dialetto
intervallato da scoppi di pianto irrefrenabili.
E’
giusto evidenziare che Iannetta nel corso del processo aveva cambiato sette
volte la sua versione dei fatti.
Come
già detto, nell’anno 2000 con il Consolato Regionale Maestri del Lavoro, inizio
ad occuparmi del PROGETTO MARCINELLE ed a fare
ricerche sui familiari dei poveri minatori deceduti.
Nel
mio cuore quelli che ho incontrato e conosciuto occupano un grande spazio;
questi incontri hanno scavato la mia coscienza e mentre scorrono le immagini di
muta comprensione, rivedo le lacrime di Lina Nardacchione, una delle vedove,
che ha messo a nudo la sua anima rappresentando il dolore del ricordo e
piangendo per un’ora intera.
Rivedo
Carmelina Granata, che a distanza di tanti anni piange ancora il suo uomo
ricordando che il suo corpo fu il primo ad essere riportato alla luce.
Segnati
dalla tragica vicenda, gli orfani del ’56, uomini e donne cresciuti in fretta,
come Armando Casciato che, per sopravvivere, andò a Napoli a 12 anni a lavorare
come lavapiatti.
La
tragedia nella tragedia fu una lettera di Michele Cicora, dal quale appresi che
il corpo del padre non era stato ritrovato: attualmente nel cimitero del Bois
du Cazier una lastra di pietra grigia lo ricorda, come altri poveri minatori, con
su scritto ‘INCONNUE’. Michele che vive a Londra e non ha conosciuto il padre,
periodicamente si reca a Marcinelle per interrogare persone anziane che possano
averlo conosciuto e ricevere notizie su di lui.
Ritengo
che con le tante iniziative realizzate dai Maestri del Lavoro del Molise, nella
Regione Molise, nei comuni ed anche a livello nazionale con i Maestri del
Lavoro e Enti vari, la collaborazione offerta da Giuseppe Ruffo, mio marito,
con i libri riguardanti questo centro della Vallonia: ‘Il tempo della memoria.
Marcinelle 45 anni dopo’; ‘La cloche di Marcinelle’ e ‘Da Marcinelle a San
Giuliano di Puglia’; con incontri nelle scuole per promuovere anche progetti internazionali, abbiamo fatto del
nostro meglio per riportare all’attenzione di tutti questa vicenda di dolore e
di lavoro.
LA MINIERA DI MARCINELLE PATRIMONIO MONDIALE DELL'UMANITA'.
L'Unesco ha dichiarato la miniera di
Marcinelle patrimonio dell'umanità
"Il riconoscimento
dell'Unesco segnala un luogo storico dell'emigrazione italiana e come la
cultura è anche il frutto del lavoro e delle fatiche umane,che hanno segnato
profondamente la storia della mobilitä umana". E' quanto afferma mons.
Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, a commento
della notizia che la miniera di Marcinelle è stata dichiarata patrimonio dell'
umanità da parte dell'Unesco. "Marcinelle - ha aggiunto mons. Perego – è
un luogo culturale che educa alla sicurezza sul lavoro, ma anche a come il
lavoro sia un diritto fondamentale".
Marcinelle 8 agosto 2012 ore 8,10
Come ogni anno, Mariae
Mater Orphanorum, la campana fusa dalla Fonderia Marinelli di Agnone
nell’ambito del Progetto Marcinelle, darà 262 rintocchi seguiti dal nome e
cognome dei minatori deceduti l’8 agosto 1956. Saremo, nello spirito, tutti
presenti per ricordare e dire, così come suggerisce la poetessa Alda Merini:
“Così sei morto senza parola, perché non volevi dirci addio”.
MdL
Anna di Nardo Ruffo
MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE MOLISE
A. Michele Iorio.
Il riconoscimento quale
patrimonio dell’UNESCO della miniera di Bois du Cazier, a Marcinelle, in
Belgio, rappresenta il massimo tributo che le civiltà evolute a livello globale
possono fare alle 262 vittime, tra cui molti italiani e vari molisani,
dell’esplosione che investì quell’impianto l’8 agosto del 1956. La miniera di
Marcinelle, dunque, diventa, insieme alle altre tre riconosciute dall’UNESCO,
sempre in Belgio, monumento e monito perenne all’umanità tutta affinché il
lavoro, che è a base di ogni civiltà, sia svolto in condizioni di sicurezza,
senza sfruttamento e con una giusta retribuzione. Tutte condizioni che erano in
scarso modo rispettate in quella miniera di Marcinelle nel 56 e che ancora non
lo sono in altre parti del mondo, in cantieri o in luoghi di lavoro. Nel
ricordare allora quell’evento e il dolore che ingenerò nelle famiglie e
nell’opinione pubblica, il Molise del 2012, idealmente raccolto davanti ai
cancelli di Bois du Cazier, tributa onore a chi ha perso la vita
lavorando e ribadisce l’impegno ad affinare l’azione di prevenzione e di
salvaguardia di ogni iniziativa occupazionale. Occorre che le Istituzioni
statali, regionali e locali, di carattere pubblico e privato, lavorino sempre
più in rete, rispondendo ad una logica di collaborazione franca ed efficace,
affinché ogni lavoro, in ogni parte del mondo, anche il più pericoloso, venga
svolto in condizioni di sicurezza e di garanzia. È questo un obiettivo che
qualifica una civiltà e che nessun progetto o idea di crescita e sviluppo
sociale ed economico non può permettersi di trascurare.
MICHELE PETRAROIA
IL
MOLISE RENDA ONORE AL SACRIFICIO DEI NOSTRI MIGRANTI !
L’8 agosto 1956 alle ore 8.10 esplose la miniera di
carbone BOIS DU CAZIER, al Pozzo Saint Charles a Marcinelle in BELGIO e
seppellì per sempre 262 minatori, di cui 136 italiani e 7 molisani. Una
tragedia annunciata dalla condizioni insicure in cui si svolgeva un lavoro duro
e con una vigilanza carente dovuta alle pressioni di chi aveva bisogno di
produrre energia a tutti i costi. L’Italia dopo il disastro della II° Guerra
Mondiale sancì un accordo umiliante col Belgio denominato “ UOMO – CARBONE “ che prevedeva l’invio di
mille minatori italiani a settimana in cambio di 200 chili al giorno di carbone
per ogni nostro emigrante. L’intesa stabiliva che l’età massima dei lavoratori
non doveva superare 35 anni, il contratto era per 12 mesi e gli arnesi erano una
pala, una piccozza, un casco e una lampada. Questa tratta autorizzata di essere
umani spinse i diseredati del Mezzogiorno a cercare fortuna in Belgio pagando
un tributo di sangue alla storia di una patria capace di sfruttarli anche
all’estero. Morirono a Marcinelle 60 abruzzesi ( di cui 40 solo del comune di
Mannoppello ), 22 pugliesi, 4 calabresi, 5 veneti, 12 marchigiani e 7 molisani
( Palmieri Liberato nato l’11.02.1920 a BUSSO, Francesco Granata, Michele
Granata e Michele Moliterno nati rispettivamente il 9.01.1916, 27.10.1913 e
l’11.05.1917 a FERRAZZANO, Felice Casciato nato il 23.09.1912, Francesco Cicora
nato il 1.11.1908 a SAN GIULIANO DI PUGLIA e Pasquale Nardacchione nato il
16.04.1930 a SAN GIULIANO DEL SANNIO ). Una sciagura immane che lasciò 406
orfani, centinaia di mutilati e una ferita lacerante nel mondo del lavoro che
non si è mai rimarginata. Il più bravo autodidatta molisano, il
bracciante-minatore, Donato Del Galdo di San Giuliano di Puglia, costretto ad
emigrare in Belgio perché comunista dal locale sistema di potere in mano ai
potentati democristiani, celebrati con troppa superficialità da vuoti
post-moderni che ignorano le lotte popolari molisane, descrisse con rara
lucidità il salto dal sole scottante delle nostre campagne al buio freddo delle
viscere delle miniere del Belgio. E nel suo nome e in quello delle vittime di
Marcinelle che domani sarò presente a BUSSO alla manifestazione commemorativa
in programma alle 16.00 con tutti i comuni molisani che registrarono vittime,
insieme ai familiari di quei nostri emigranti e ai Maestri del Lavoro che hanno
saputo tenere vivo il ricordo amaro di questa triste pagina molisana. E dalle
pieghe di quella sofferenza si trasmetta il messaggio che ora e sempre và
rispettata la vita, la sicurezza sul lavoro và garantita e la dignità degli
uomini non è una merce !
MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE
Mario Pietracupa
‘Il monito di
Marcinelle: ricordare il valore assoluto
del lavoro sicuro
non solo l’8 agosto’
Eccoci di nuovo improvvisamente proiettati
nella ‘Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo’, la rievocazione
della tragedia di Marcinelle e, per noi, di tanti molisani portati via da un
assurdo destino in quella buia mattina dell’estate 1956.
L’anno scorso, in questa stessa
giornata, ero a Marcinelle, davanti al monumento che ricorda la catastrofe.
Accompagnato dai Maestri del Lavoro, portai i saluti di tutta la Regione e deposi una corona
di fiori in ricordo dei nostri corregionali molti dei quali giovanissimi, morti
sul lavoro. Fu una giornata emotivamente difficile, un momento che non posso e
non voglio dimenticare, intriso di commozione e di orgoglio ferito italiano e
molisano.
Lo stesso stato d’animo mi
pervade oggi, pur non essendo testimone diretto della commemorazione.
Soprattutto, mi vengono in mente le tante situazioni di lavoro ancora
colpevolmente al limite, se non oltre, della legge. Così come penso agli altri
esempi estremi in cui c’è chi, pur di far quadrare i conti e costretto dal
bisogno, antepone la certezza della propria occupazione alla salute e alla
sicurezza, barattando addirittura il lavoro con la vita.
Più volte sono intervenuto sull’argomento e, oggi più che mai, confermo
le mie preoccupazioni per quanto di drammatico vivono tanti lavoratori molisani
e italiani. Marcinelle era in un’altra epoca è vero, ma la soglia di attenzione
verso il problema della sicurezza sul lavoro, resta al massimo livello e il
problema è attuale e scottante.
Condivido in pieno la richiesta del Signor Prefetto di Campobasso, Sua
Eccellenza, Stefano Trotta, uomo non solo delle Istituzioni, ma dotato di
straordinaria concretezza, presenza e attenzione per quanto avviene intorno a
noi. E’ giusto fermarsi, riflettere e trasferire le nostre emozioni anche nel
rapporto interpersonale con coloro che incontriamo tutti i giorni: giovani,
collaboratori, rappresentanti delle Istituzioni, cosa che abbiamo fatto in
maniera semplice, senza enfasi né proclami all’interno della nostra struttura.
Posso pertanto affermare che interpreto il pensiero dell’intero Consiglio
regionale, sempre sensibile a questo genere di sollecitazioni, che intende
ricordare nel modo più solenne e sentito le vittime molisane di Marcinelle, e
tutti quelli che hanno perso la vita sacrificandosi sul lavoro, generosamente
protesi verso le necessità dei propri cari. Ma non basta.
Mai come in questo momento il diritto al
lavoro sicuro assume un valore assoluto, primario. L’alto sacrificio delle
vittime di Marcinelle è lì a ricordarlo, sempre, senza simboli e monumenti, ma
con un monito che noi amministratori e tutta la società civile abbiamo il
dovere di osservare nei fatti e nel tempo, non solo quando ad amplificarlo sono
le date del calendario.
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