Cari Fratelli nell’episcopato,
con
queste righe desidero esprimere la mia vicinanza a ciascuno di voi e alle
Chiese in mezzo alle quali lo Spirito di Dio vi ha posto come Pastori. Questo stesso
Spirito possa animare con la sua sapienza creativa l’Assemblea generale che
state iniziando, dedicata specialmente alla vita e alla formazione permanente
dei presbiteri.A
tale proposito, il vostro convenire ad Assisi fa subito pensare al grande amore
e alla venerazione che san Francesco nutriva per la Santa Madre Chiesa Gerarchica,
e in particolare proprio per i sacerdoti, compresi quelli da lui riconosciuti
come “pauperculos huius saeculi” (dal
Testamento).Tra
le principali responsabilità che il ministero episcopale vi affida c’è quella di
confermare, sostenere e consolidare questi vostri primi collaboratori,
attraverso i quali la maternità della Chiesa raggiunge l’intero popolo di Dio.
Quanti ne abbiamo conosciuti! Quanti con la loro testimonianza hanno
contribuito ad attrarci a una vita di consacrazione! Da quanti di loro abbiamo
imparato e siamo stati plasmati!Nella
memoria riconoscente del cuore ciascuno di noi ne conserva i nomi e i volti.
Li
abbiamo visti spendere la vita tra la gente delle nostre parrocchie, educare i
ragazzi, accompagnare le famiglie, visitare i malati a casa e all’ospedale, farsi
carico dei poveri, nella consapevolezza che “separarsi per non sporcarsi con
gli altri è la sporcizia più grande” (L. Tolstoj). Liberi dalle cose e da se
stessi, rammentano a tutti che abbassarsi senza nulla trattenere è la via per
quell’altezza che il Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta
nella fraternità vissuta.
I
sacerdoti santi sono peccatori perdonati e strumenti di perdono. La loro
esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza; non sono rimasti
turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti, perché sanno di
essere nelle mani di Uno che non vien meno alle promesse e la cui Provvidenza
fa sì che nulla possa mai separarli da tale appartenenza. Questa consapevolezza
cresce con la carità pastorale con cui circondano di attenzione e di tenerezza le
persone loro affidate, fino a conoscerle una a una.
Sì,
è ancora tempo di presbiteri di questo spessore, “ponti” per l’incontro tra Dio
e il mondo, sentinelle capaci di lascia intuire una ricchezza diversamente
perduta.
Preti
così non s’improvvisano: li forgia il prezioso lavoro formativo del Seminario e
l’Ordinazione li consacra per sempre
uomini di Dio e servitori del suo popolo. Ma può accadere che il tempo
intiepidisca la generosa dedizione degli inizi e, allora, è vano cucire toppe
nuove su un vestito vecchio: l’identità del presbitero, proprio perché viene
dall’alto, esige da lui un cammino quotidiano di riappropriazione, a partire da
ciò che ne ha fatto un ministro di Gesù Cristo.
La
formazione di cui parliamo è un’esperienza di discepolato permanente, che
avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui. Perciò essa non
ha un termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù,
di seguirlo. Quindi, la formazione in quanto discepolato accompagna tutta la
vita del ministro ordinato e riguarda integralmente la sua persona e il suo
ministero. La formazione iniziale e quella permanente sono due momenti di una
sola realtà: il cammino del discepolo presbitero, innamorato del suo Signore e
costantemente alla sua sequela (cfr Discorso
alla Plenaria della Congregazione per il Clero, 3 ottobre 2014).
Del
resto, fratelli, voi sapete che non servono preti clericali, il cui
comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari
che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione.
Solo
chi tiene fisso lo sguardo in ciò che è davvero essenziale può rinnovare il
proprio sì al dono ricevuto e, nelle diverse stagioni della vita, non smettere
di fare dono di sé; solo chi si lascia conformare al Buon Pastore trova unità,
pace e forza nell’obbedienza del servizio; solo chi respira nell’orizzonte della
fraternità presbiterale esce dalla contraffazione di una coscienza che si pretende
epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni.
Vi
auguro giornate di ascolto e di confronto, che portino a tratteggiare nuovi
itinerari di formazione permanente, capaci di coniugare la dimensione
spirituale con quella culturale, la dimensione comunitaria con quella pastorale:
sono questi i pilastri di vite formate secondo il Vangelo, custodite nella
disciplina quotidiana, nell’orazione, nella custodia dei sensi, nella cura di
sé, nella testimonianza umile e profetica; vite che restituiscono alla Chiesa
la fiducia che essa per prima ha posto in loro.
Vi
accompagno con la mia preghiera e la mia Benedizione, che estendo, per intercessione della Vergine
Maria, a tutti i sacerdoti della Chiesa in Italia e a quanti lavorano al servizio
della loro formazione; e vi ringrazio per le vostre preghiere per me e per il
mio ministero.
FRANCESCO
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