Nell’ottica dell’attività finalizzata alla
prevenzione dei reati commessi a mezzo internet, la Polizia di Stato ritiene
opportuno rendere edotti gli utenti del web sul modus operandi intrattenuto dai
cyber-criminali in alcuni episodi fraudolenti.
Nel caso specifico, la Polizia Postale e delle
Comunicazioni per il Molise vuole mettere in guardia i cittadini sulle proposte
di “lavoro da casa” che alcune sedicenti aziende offrono agli utenti della rete
per arrotondare lo stipendio che, in tempo di crisi, spesso non basta.
Il tutto parte da alcuni annunci online oppure
da una email attraverso cui una sedicente società (spesso estera) promette un
lavoro da casa poco impegnativo, i cui requisiti richiesti sono solo possedere
un PC con una connessione internet, un conto in banca da cui si possa operare
online ed una casella di posta elettronica, in pratica ciò che oggigiorno hanno
tutti. Allo stesso tempo si promettono guadagni di circa 3.000 euro mensili a
fronte di un lavoro da casa che dura pochi minuti al giorno e solo alcuni giorni
a settimana.
La proposta, apparentemente allettante, è
seguita dall’invio di uno pseudo contratto da parte di una inesistente società
che deve essere compilato dall’utente con l’inserimento dei propri dati
anagrafici e del numero di conto corrente bancario, infine sottoscritto ed
inviato al mittente, spesso, ma non sempre, unitamente alla copia dei documenti
di identità.
La finta proposta contrattuale prevede che
l’utente riceva del denaro sul proprio conto da parte della fantomatica società
e poi lo riversi in più accrediti su altri conti quasi sempre di nazionalità
estera, o attraverso money transfer, trattenendo una parte per il compenso
pattuito. La società lascia credere al malcapitato che lo stesso stia eseguendo
il contratto di lavoro stipulato in precedenza e che l’attività sia
paragonabile all’ufficio amministrativo di un’azienda che riceve denaro per
pagare ordini o dipendenti. In realtà i soldi che riceve sono quelli che gli
hacker riescono a prelevare dai conti in banca o dalle carte di credito di
ignare vittime e che vengono, quindi, riversati sul conto corrente
dell’intermediario che a sua volta ha il compito di girarli su conti esteri ai
veri beneficiari della frode.
E’ bene evidenziare che l’utente che si presta a
compiere tale lavoro svolge le funzioni di financial manager e si rende
responsabile del reato di riciclaggio (art. 648bis del codice penale).
I cyber-criminali usano la tecnica
dell’intermediazione perché i sistemi di sicurezza delle banche italiane, nel
momento in cui riscontrano un bonifico di ingente valore verso un conto estero,
attivano dei controlli automatici che spesso permettono di bloccare la frode.
In questo modo, invece, il bonifico fraudolento transita da un conto italiano
ad un altro conto italiano (dell’intermediario, cd. financial manager),
eludendo i controlli di sicurezza. Solo successivamente, attraverso bonifici di
piccolo taglio o versamenti tramite money transfer, il denaro raggiunge i veri
destinatari.
Proprio per questa attività è stato denunciato a
piede libero, per riciclaggio, un intermediario campobassano che aveva ricevuto
sul suo conto un bonifico di circa 50.000 euro da girare in più versamenti a
soggetti esteri, trattenendo 3.000 euro come compenso. Il bonifico fraudolento
proveniva da una società del nord Italia, vittima di un attacco informatico da
parte di hacker stranieri.
Il consiglio della Polizia di Stato è quello di
diffidare dalle proposte lavorative che promettono grandi e facili guadagni
raggiungibili attraverso poca attività lavorativa diffidando, altresì, dalle
proposte che provengono via email da società estere sconosciute, prive di
specifici riferimenti.
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