Inaugurazione del Presepe nella “capanna” di papa Francesco.
Lunedì 22 dicembre 2014, alle ore 18,00
A partire da Piazza
Vittorio Emanuele II verso la Capanna dove papa Francesco ha Celebrato la Santa
Messa il 5 luglio 2014 (area Ex romagnoli)- Campobasso, ci sarà una processione
che attraverserà il corso cittadino per inaugurare nella Capanna il Presepe
artistico, simbolo del Natale, realizzato dal’artista Rino Savastano in
collaborazione con l’arcidiocesi di Campobasso –Bojano, il Comune di Campobasso
e l’Associazione Città Viva. L’arcivescovo Bregantini benedirà il Presepio che
rimarrà allestito per tutto il periodo delle festività natalizie. Tutti i
cittadini, bambini, ragazzi, giovani, anziani, famiglie, sono invitati a
partecipare per vivere lo speciale ricordo della visita del Pontefice in Molise.
Il momento celebrativo vuole essere uno stimolo ad intitolare l’area a “Parco
urbano papa Francesco”. «Nel presepio e nell’albero ritroviamo segni cari e
suggestivi per i cristiani , ma anche un messaggio valido per tutti:“Essi
richiamano il Mistero dell’incarnazione, il Figlio unigenito di Dio fattosi uomo
per salvarci, e la luce che Gesù ha portato al mondo con la sua nascita. Ma il
presepe e l’albero toccano il cuore di tutti, anche di coloro che non credono,
perché parlano di fraternità, di intimità e di amicizia, chiamando gli uomini
del nostro tempo a riscoprire la bellezza della semplicità, della condivisione e
della solidarietà» (papa Francesco, 2014).
Riflessione
di Pace di mons. Bregantini
Anche
dal nostro piccolo Molise ci gustiamo i segni di Pace natalizi che Dio ci sta
donando, in maniera inaspettata e perciò graditissima. I muri della diffidenza
crollano uno ad uno…. Di seguito la
riflessione di mons. GianCarlo Bregantini, Presidente della Commissione CEI per
il Lavoro Giustizia Pace e Creato, a
conclusione di questo anno che ha visto
Campobasso città della Pace 2014:
L’ultimo
muro crollato!
«Anche i muri crollano,
uno ad uno, in tante parti del mondo. Ne restano ancora alcuni e altissimi,
come quello in Palestina. Ma intanto il muro tra Cuba e USA, fatto di un mare
invalicabile e pericolosissimo per gli alligatori che tanti profughi disperati
hanno divorato: questo muro è crollato. Proprio il 17 dicembre, giorno del 78°
compleanno di papa Francesco, che è stato uno degli attori più fiduciosi di
questo crollo.
L’umanità tutta esulta. Tuttavia è bello, in
dialogo serrato, alla luce anche della freschezza che ci ha regalato Benigni,
capace di rileggere le Dieci parole con un linguaggio inatteso e fortemente
attualizzato, esaminare fraternamente alcune delle cause che hanno contribuito
a questo segno. Un’analisi che ci potrà aiutare a definire il lavorio che
ciascuno di noi è chiamato a compiere, per abbattere quei muri che noi, spesso,
sappiamo alzare, in politica, in famiglia, tra colleghi, nelle comunità
parrocchiali.
Tre a mio giudizio sono state la cause che
hanno permesso, un po’ alla volta, di attraversare quel braccio di mare, lungo
solo un centinaio di miglia. Vicini e lontanissimi quei due mondi.
Prima di tutto, lentamente è maturata tra la
gente cubana una progressiva consapevolezza dell’ingiustizia del regime. Poi,
gli americani si sono accorti, con crescente amarezza, che l’isolamento
economico non aveva per nulla funzionato. Soprattutto, sotto quel muro, tra
quelle due sponde avversarie, tantissimi ambasciatori di pace hanno lavorato
adagio adagio, in grande silenzio, per superare le ostilità e vincere le
diffidenze reciproche. Un lungo cammino, paradigmatico anche per il nostro
vissuto in Molise, oggi.
La gente di Cuba è sempre stata fiera, tenace
e decisa. Tutti noi li abbiamo guardati con ammirazione. Ed oggi, ancor più,
perché si avviano a consolidare quei cammini di crescita scientifica che hanno
compiuto nella medicina, specie mettendosi a servizio di chi nel mondo soffre
maggiormente. Come quei centinaia di medici, già partiti per l’Africa, per
fronteggiare l’epidemia di Ebola. Nessun altro paese al mondo ha inviato così
tanti medici. Veramente senza frontiere. Per tanti paesi poveri, quell’isoletta
è un sicuro punto di riferimento. Ora lo potrà essere ancor di più, coltivando
però ideali alti, veri, solidali, senza cedere alle lusinghe dell’immediato
guadagno. Ce lo auguriamo tutti.
Saggio è poi constatare che l’isolamento non
ha funzionato, come ha detto espressamente Obama, in televisione, nel darne
l’annuncio. Volesse il cielo che questa consapevolezza della inutilità della
violenza, di ogni tipo, potesse essere la linea di condotta degli Usa in tutti
i paesi del mondo. Ed anche nel nostro cuore. La mitezza vince sempre. Non così
la violenza. Anzi, il Signore rovescia i
potenti dai troni ed innalza gli umili. Anche in questo caso! Con immediata
eloquenza. I muri, adagio adagio, cadono tutti. I metodi violenti si
sgretolano. Troppo grande è il cuore dell’uomo per restare dentro i recinti.
Soprattutto, è bello venire a conoscenza che
per questo crollo tanti hanno pregato, hanno operato, hanno portato un soffio
di spirito nuovo. Sia in Usa che a Cuba. A cominciare dall’azione di pace di
papa Giovanni, per superare il rischio di uno scontro planetario, nel 1962.
Poi, il viaggio trionfale di papa Giovanni Paolo II, nel 1998, ripreso
recentemente da papa Benedetto nel 2012, culminate nelle tante lettere e
telefonate di papa Francesco!
No es
facil
ripetono con saggezza a Cuba. Non è stato facile: non è stata una sola spallata
a far crollare il muro, un solo gesto per solcare quel mare pericolosissimo. Al
contrario è stato reso possibile da un
intreccio di mani, di gente che ha sognato e combattuto e non si è rassegnata “ad accettare un mondo come è,
per sognare invece un mondo come dovrebbe essere”, nella spinta di
papa Francesco, ed è accaduto perché la
pace è artigianale, come ama dire con
saggezza il pontefice, nella sua Evangelii gaudium.
Ma ora cosa accadrà? La storia ci insegna che
non mancheranno le insidie. Anch’io, come vescovo, sento che, quando si riesce
a mettere allo stesso tavolo contendenti storici, a far abbracciare cuori
divisi da molto tempo, certamente non basta un singolo gesto. Le insidie che
intuisco sono quelle che spesso mi sono ritrovato davanti, con amarezza. Perché
la pace è artigianale, dicevamo!
Decisiva sarà la purificazione della memoria, che resta la vera arte
interiore e culturale della pace: essa parte sempre dalle lavagne delle scuole.
Poi, sarà necessario non cedere alla
voglia di vendetta di chi è scappato decenni fa e vuole ora rifarsi, con atti
di eloquente dimostrazione: noi abbiamo
sofferto…soffrano anche loro! Infine, decisivo resta il proposito di uscire
insieme dal labirinto, mai da soli!
E’
proprio vero che la storia è magistra
vitae! Ci auguriamo di esserne
discepoli attenti e fedeli, attorno al presepe, tutti insieme! »
Nessun commento:
Posta un commento