Tra storia e romanzo
Corso residenziale che si svolgerà all’ombra della torre normanna di
Termoli, i luoghi sono un omaggio alla dinastia Sveva, cui il borgo antico di Termoli deve il suo periodo
di maggior splendore e la cui presenza storica è suggellata dagli interventi di
ristrutturazione e fortificazioni che Federico II di Svevia apportò, nel XIII
secolo, proprio al Castello- Torre, divenuto poi simbolo della città
di Termoli.
Gli altri docenti sono: Antonio Bimbo, sociologo clinico, counselor supervisor, educatore presso il Sert di Copparo (Ferrara), docente nel corso di laurea in Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Ferrara. Gianni Biondi, psichiatra psicoterapeuta, libero professionista a Venafro. Tiziana Mori, assistente sociale specialista, mediatore familiare, responsabile del servizio di sostegno alla genitorialità del Comune di Bologna. Elena Salvatore, pedagogista, educatore libero professionista, docente nel corso di laurea in Terapia Occupazionale, Università G. d'Annunzio di Chieti. Allego la presentazione del Corso.
Il genius loci è
permeato dalla figura di questo grande sovrano Federico II di Svevia, che evoca una bella figura di donna, la
madre Costanza d’Altavilla, il loro
profondo legame si percepisce a caldo tra le righe de “La sposa normanna” della scrittrice, campobassana di nascita,
milanese di adozione, Carla Maria Russo.
Palermo 1185. Costanza d’Altavilla, ultima erede
della dinastia normanna che guida il Regno di Sicilia, è costretta a rinnegare
i voti monacali per assurgere al trono degli Altavilla e sposare Enrico di
Svevia, figlio dell’Imperatore Federico Barbarossa, con il compito di dare un
erede al Regno normanno. Enrico si rivela un uomo gretto, rozzo, autoritario.
In lui la bella e fragile Costanza troverà un nemico dal quale guardarsi. Ma
non il solo. Gualtieri di Paleria, ambizioso e perfido cancelliere del Regno,
soffia sul fuoco della torbida gelosia di Enrico per distruggere la regina e
preservare la sua enorme influenza e potere.
Il figlio
agognato, vero motivo di quella unione, tarda a venire, gettando Costanza nello
sconforto. Quando finalmente vedrà la luce, la madre dovrà fare appello a tutto
il suo coraggio per difenderlo dalle innumerevoli insidie che ne minacciano la
sopravvivenza.
L’amore materno
le suggerirà la strada ma la morte prematura la costringerà ad abbandonare il
figlio di appena tre anni alla mercé degli innumerevoli nemici, come un agnello
fra i lupi. Eppure il piccolo Federico riuscirà a sopravvivere, fra mille
pericoli ed espedienti, nascondendosi nei vicoli della città, aiutato da
sorprendenti amici e alleati, rivelando doti che faranno di lui uno tra i
grandi della storia.
“Anselmo
di Upsala la osservava distesa nella lettiga, il volto pallido e affilato, gli
occhi chiusi, cerchiati da due profonde occhiaie scure. Respirava a fatica. Si
rese conto che stava per verificarsi proprio l’ipotesi più temuta: il bimbo
sarebbe venuto alla luce lungo il cammino, senza che nessun testimone di
fiducia dell’imperatore potesse confermare la legittimità della nascita.
Come confessare a Costanza che stava per
perdere la battaglia e che lui non aveva modo di aiutarla? Quasi riuscì a
leggergli nel pensiero, la sovrana aprì gli occhi e lo fissò.
<So cosa vorreste consigliarmi Anselmo,
ma è impossibile. Dobbiamo raggiungere Spoleto. Non ho scelta.> Con un panno
di lino, il medico asciugò il sudore che, nonostante il freddo intenso, velava
la fronte della sovrana. <Maestà,> rispose, la voce incrinata dalla
commozione <se potessi offrire la vita per aiutarvi, lo farei senza esitare.
Ma contro la natura non posso nulla. Non raggiungeremo mai Spoleto. Consentiteci
di interrompere il viaggio e di accamparci. E’ già buio. Proseguire sarebbe un
grave azzardo. Ne va della salvezza vostra e del bambino.> <Riesco ancora
a resistere. Non posso partorire nei campi. Lo sapete mio caro amico.>
<Maestà dovete preoccuparvi solo della salute del piccolo, se volete che
sopravviva.>
Costanza reclinò il capo sulla spalla. Per
alcuni istanti rimase in silenzio, il petto scosso da piccoli singhiozzi. <Vi
prego di condurmi almeno fino al luogo abitato più vicino,> supplicò <fosse
anche un piccolo villaggio.> <A giudicare dalla mappa sembra ancora
distante. Il cammino alla luce delle torce, potrebbe richiedere troppo tempo.
Se la situazione dovesse precipitare, rischiamo di non essere pronti.> <Confido
in Dio padre. Non mi abbandonerà dopo avermi donato un figlio.>
Il corteo camminò per tutta la notte. Sul
far dell’alba giunse in vista di un piccolo borgo addossato a una collina, sul
quale infuriava un freddo vento di tramontana. Non appena lo scorse in
lontananza, Anselmo di Upsala si accinse ad inviare un messaggero, alla ricerca
di un luogo dignitoso dove ospitare la sovrana. Costanza lo fermò. Nelle ultime
ore aveva maturato una decisione molto difficile, che di certo non avrebbe
mancato di sollevare critiche e accuse. Ma a lei non interessava altro che il
bene del piccolo.
<Non mi occorre alcun rifugio. Fate
innalzare una grande tenda da campo nel centro della piazza principale di
questo villaggio. Sapete come si chiama?> <Iesi, maestà, nella Marca
anconetana.> <Iesi> ripeté Costanza. <E’ un bellissimo nome. Sono certa
che mio figlio non dimenticherà il borgo in cui vedrà la luce.> Si interruppe,
portandosi le mani al ventre incapace di trattenere un lamento. Anselmo di
Upsala prese allora dalla borsa una piccola fiala di liquido scuro.
<Prendete questa pozione. Vi calmerà il dolore.> <A prezzo della mia
lucidità?> chiese Costanza. <Si, maestà, è inevitabile.> <Allora
non la voglio. Vi ordino anzi di non farmi bere intrugli simili durante tutto
il travaglio, neppure se mi sentite rantolare.> <Soffrirete molto. Questa
medicina vi sarebbe di grande aiuto. Perché rifiutarla?> <Devo salvare
mio figlio, Anselmo. Per riuscirci, è necessario che io sia sempre cosciente di
quanto accade. Ora vi prego: fate issare una grande tenda nella piazza
principale del villaggio. Partorirò lì.> Anselmo di Upsala ebbe un sobbalzo,
che fece ondeggiare la barba fluente. <Una tenda nella piazza del paese? E’
impossibile … Impossibile!> ripeté. Costanza finse di non averlo udito. <Vi
prego di inviare anche araldi in tutto il paese. Fate in modo che gli abitanti
siano informati di quanto sta per accadere. Dite loro che l’imperatrice, in
viaggio verso la Sicilia ,
è stata colta dalle doglie e ha stabilito di fermarsi a Iesi, per partorire.
Che sono sola, lontana dalla famiglia. Per questo, supplico tutte le donne di
assistermi durante il parto. Perché quella faccia amico mio?> <Maestà,
credo che l’imperatore non approverebbe
mai questo comportamento. Siete una sovrana. Non potete mostrarvi sofferente e
discinta di fronte a semplici popolane. Voi non immaginate neppure a quali reazioni
si lasci andare una donna in questi casi.> Mentre parlava, Anselmo di Upsala
scuoteva la testa con decisione. <Tutte le donne del paese vedranno il
piccolo uscire dal ventre della madre, che soffre e rischia come una di
loro.> ribadì Costanza, testarda. <In ogni istante del travaglio e al
momento della nascita, deve essere presente nella tenda un numero di testimoni
tale che nessuno possa mai più, in futuro, sollevare dubbi sulla legittimità
del bimbo. La mia dignità non ne sarà sminuita. Eseguite gli ordini, Anselmo di
Upsala.>………………….
Nella tenda si fece un silenzio assoluto.
Per un lungo, interminabile istante, le parve che la vita si fermasse, e il
cuore cesasse di batterle. Il vagito potente e acuto di un bimbo squarciò
l’aria. <E’ un maschio, maestà!> gridò l’ostetrica, anticipando i medici.
<E’ sano e molto robusto. Sentite che strilli!> il bimbo era nato. Per la
prima volta ne udiva la voce. Dolore, sfinimento, paura scomparvero
all’improvviso. Si sentiva solo struggere dal desiderio di guardarlo e di
stringerlo a sé. Le prime braccia a scaldarlo, a confortarlo dovevano essere le
sue. <Datemi mio figlio,> ordinò con un filo di voce. <Senza pulirlo,
né coprirlo. Ci penserò io.> travolta da un’emozione che non aveva mai
provato, serrò al cuore Federico, incapace di parlare, scossa com’era da
singhiozzi di gioia. Con le labbra, sfiorò la testa, le guance, la minuscola
bocca. Attraverso la pelle, cercò di comunicargli tutta l’intensità del suo
amore. Poi lo mostrò alle numerose donne presenti, emozionate e incredule.
<questo è il figlio di Costanza di Altavilla, erede al trono normanno.>
annunciò. <Voi tutte lo avete visto uscire dal ventre della madre. Ringrazio
Dio e voi per avermi assistito.>”
– Brano tratto dal romanzo storico “La sposa
normanna”
Federico II
Hohenstaufen (Jesi,
26 dicembre
1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre
1250) fu re di Sicilia,
Duca di
Svevia, re di Germania e Imperatore del Sacro Romano Impero,
e quindi Re dei Romani, infine re di Gerusalemme per matrimonio.
Figlio di
Costanza e nipote di Federico Barbarossa, conosciuto con gli appellativi stupor mundi
"meraviglia o stupore del mondo" o puer Apuliae "fanciullo
di Puglia",
Federico II era dotato di una personalità poliedrica e affascinante che, fin
dalla sua epoca, ha polarizzato l'attenzione degli storici e del popolo,
producendo anche una lunga serie di miti e leggende popolari, nel bene e nel
male.
Il suo regno fu
principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa, architettonica
e di innovazione artistica e culturale, volta a unificare le terre e i popoli,
ma fortemente contrastata dalla Chiesa, di cui il sovrano mise in discussione
il potere temporale.
Federico stesso
fu un apprezzabile letterato, convinto protettore di artisti e studiosi: la sua
corte fu luogo di incontro fra le culture greca, latina, araba ed ebraica.
Uomo
straordinariamente colto ed energico, stabilì in Sicilia
e nell'Italia meridionale una struttura politica molto
somigliante a un moderno regno, governato centralmente e con una burocrazia
efficiente. Federico II parlava sei lingue (latino,
siciliano,
tedesco,
francese,
greco
e arabo)
e giocò un ruolo importante nel promuovere le lettere attraverso la poesia
della Scuola Siciliana.
La sua corte
reale a Palermo,
dal 1220
circa sino alla sua morte, ha visto il primo utilizzo della forma letteraria di
una lingua
romanza, il siciliano. La poesia che veniva prodotta dalla
scuola ha avuto una notevole influenza sulla letteratura e su quella che
sarebbe diventata la moderna lingua
italiana.
La scuola e la
sua poesia furono salutate con entusiasmo da Dante e dai suoi
contemporanei, e anticiparono di almeno un secolo l'uso dell'idioma
toscano come lingua d'elite letteraria d'Italia.
Costanza: simbolo di caratteristiche solo
all’apparenza opposte e inconciliabili:
la fragilità e la forza; l’attaccamento a grandi ideali e la pragmaticità; il
senso della famiglia, l’attaccamento ai suoi valori e la capacità di trasmetterli nel rispetto dell’autonomia e della libertà.
Federico: simbolo anche lui di caratteristiche contrapposte: il
senso del dovere e la capacità di godere dei piaceri; il senso di appartenenza
, di unità e l’apertura al nuovo, al diverso; l’attaccamento alla tradizione
che crea stabilità e la ricerca dell’innovazione che fa evolvere, rompe schemi
precostituiti anche a rischio di impopolarità.
Per questo sono stati scelti come testimonial privilegiati di questa esperienza.
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