Con il brano del Corano , tradotto in sei lingue, e recitato tutti insieme, per chiedere a Dio, a
quel “Dio che è il Ben informato e il Sapiente”, di proteggere il cammino di
ogni uomo, dal grembo materno all’ultimo respiro, poiché lui solo conosce
“l’ora della pioggia e il frutto del grembo” si è aperto l’incontro di riflessione
e di preghiera organizzato di recente dall’Associazione
“padre Giuseppe Tedeschi”nella chiesa di San Pietro Apostolo di Campobasso. Dall’incontro
di riflessione l’arcivescovo di Campobasso –Bojano mons. GianCarlo Bregantini
in qualità di Presidente della Commissione per la Giustizia il Lavoro e
Pace della CEI, ha fatto una profonda analisi sociale del fenomeno legato
alla questione degli immigrati.
“La mancanza di lavoro è il tema
scottante che accomuna la questione dei profughi e dei giovani, compresi quelli
molisani. Bisogna partire dal lavoro, così come dalla stessa solidarietà dei
comuni che dall’ospitalità possono trarne ricchezza e vantaggio e la fatica del
momento deve essere canalizzata per cambiare la legge Bossi – Fini” – nell’intervento
dell’arcivescovo durante la riflessione di lunedì scorso. Gli interventi delle
testimonianze dirette di alcuni ragazzi immigrati in Molise, dell’Assessore
regionale alla Politiche Sociali e del Lavoro, Michele Petraroia, ha aperto
numerosi quesiti ai quali vanno dati con urgenza risposte e risoluzioni.
Di seguito riportiamo la
riflessione dell’arcivescovo scaturita dalla situazione attuale:
“E’ tratto dalla Sura 34 del
Corano. E proprio quel giorno la
Chiesa leggeva Luca 10, cioè il testo del Buon Samaritano. E
tutti insieme, concordi, abbiamo chiesto
a Dio Padre il cuore pieno di compassione che quello “straniero”, il Samaritano
ha avuto per chi era stato derubato e lasciato mezzo morto.
All’Italia, all’Europa, al Mondo
intero possa veramente il Signore donare quel cuore di compassione, che si fa
subito braccia aperte per i fratelli che vengono da lontano. Il cuore
contemplato a Rio, nella GMG: il Cristo del Corcovado infatti,
ha il cuore aperto alla Misericordia e le braccia allargate nell’accoglienza.
Sia il simbolo di questa
amarissima vicenda, che sconvolge, giudica e strazia la nostra “civiltà”!
Ma che civiltà è se non sa
accogliere? Se non sa creare in Africa, in Somalia, in Eritrea ed Etiopia
quelle condizioni di giustizia, che permettano ai ragazzi e ai tantissimi
giovani africani di restare, di benedire, di crescere senza la guerra. Quella
guerra, eterna ed interminabile, che noi, con l’industria sempre fiorente delle
armi, alimentiamo con i nostri cospicui guadagni.
Vorremo vedere non barconi
insicuri che attraversano, carichi di attese infinite i bimbi, mamme incinte e
giovani, il “nostro mare Mediteranno”. Ma il grande sogno di Dio, da noi
invocato, è quello di vedere navi di turisti europei che si recano in Etiopia,
per capirne la civiltà antichissima, per godere delle bellezze incantevoli dei
tramonti in Somalia.
E lì, in fraternità, poter
dialogare, far crescere l’industria locale, attivare e rilanciare il loro
prezioso artigianato. Non spogliare, né sfruttare ma sostenere il loro
sviluppo, perché ogni terra non sogni altre terre, ma faccia crescere come
germoglio di pace e di giustizia la propria terra.
Come vuole Allah! Come vuole Dio!
Lui che è il Sapiente e il Ben informato!
E’ la Giustizia
che crea la Pace. Occorre un nuovo ordine mondiale! La gente non deve
scappare. Ma per far questo è decisivo un impegno fortissimo di preghiera,
poiché siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre celeste.
Alla preghiera, si aggiunga una riflessione culturale, che ci faccia
cogliere la preziosità di quanti giungano tra di noi. Ecco allora perché va
sostenuto il progetto di paesini in Molise che si aprono agli immigrati, una
decina per paese, accolti, che lavorano la terra con la stessa incisività e
fecondità delle cooperative “I Colori della Terra ed I Colori della Vita”.
Intrecciate con le nostre cooperative, come hanno chiesto la cooperativa delle
api “Voli di Libertà”, che è nata in carcere. Un intreccio sempre più solidale,
poiché tutti possano spezzare l’unico pane! I nostri paesini, spesso spopolati,
potranno rivivere con nuove famiglie, con piccoli che parlano l’arabo in casa e
un perfetto italiano a scuola. Stimolo ai nostri ragazzi nelle scuole medie,
come ho sperimentato a Castelpetroso, nella mia recente visita pastorale!
Non manchi poi una chiarezza di
scelte ed indirizzi politici. La bufera dentro i Grillini, indegna e
rissosa, altro non ci dice che è ora di cambiare registro. E’ in agguato una
nuova corrente xenofoba, pericolosissima, che la politica deve e può
sconfiggere. L’abolizione, in attesa ma preziosa, del reato di
clandestinità ha dimostrato quanta buona volontà c’è in moltissimi
politici. Se sostenuti ed accompagnati!
Se troveranno in noi un cuore
aperto e braccia solidali ed una mente, che, già nelle scuole, insegna altre
lingue, legge in modo alternativo la storia, non si blocca davanti ai luoghi
comuni.
L’abolizione di una legge – la
legge Bossi-Fini – è necessaria al più presto!
Ma il lavoro da fare è ben
maggiore. E’ nel cuore, è nella scuola, è nelle famiglie, è nelle Chiese. Cioè
un lavoro di sinergia.
Perché divenga uno stile in tutta
Europa, finalmente solidale. Non tanto però nel pattugliare le coste. Cioè
con i vecchi e superati mezzi militari di difesa. Ma con azioni intelligenti di
giustizia. Ricostruendo i musei a Bagdad, i musei della civiltà assira.
Le bellezze della cultura africana, con una nuova legge mondiale sul commercio.
Ma soprattutto una legge che
impedisca la vendita delle armi.
Armi che arricchiscono noi, i ricchi, ma che uccidono i poveri.
Questa è la lezione di Lampedusa.
Perché non resti una “vergogna”, come subito, con acutezza, l’ha definita il
nostro Papa Francesco, sempre attento e pronto! Ma sia quell’essere “custodi
del mio fratello” come ci ha chiesto, lui stesso, in luglio, nella sua
profetica visita all’Isola.
Isola che va veramente elevata a Premio Nobel per
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