lunedì 14 ottobre 2013

ASSOCIAZIONE "GIUSEPPE TEDESCHI" UDIENZA PAPALE 16 OTTOBRE

Campobasso 14 ottobre 2013
Foto del Reporter Luigi CALABRESE



CONFERENZA STAMPA 
presso la sala conferenze "A.Romita" del Palazzo vescovile di Campobasso, per presentare l'iniziativa e il programma per l'udienza papale di mercoledì 16 ottobre a Roma. dell'Associazione Sociale e Culturale intitolata a "Giuseppe Tedeschi" sacerdote jelsese, ucciso a 42  anni e  martoriato dalle persecuzioni della dittatura  militare contro i desaparecidos.  Tutta la  comunità di Jelsi  e l'associazione "G. Tedeschi" saranno ricevute da papa Francesco per presentare il missionario argentino, padre Tedeschi, che pagò con la vita la sua dedizione alla causa dei poveri, 36 anni fa. 
Alla conferenza stampa, presieduta dall'arcivescovo di Campobasso, mons. GianCarlo Bregantini, sono presenti   il Sindaco di Jelsi, Salvatore D'Amico, l'assessore regionale alle politiche sociali Michele Petraroia, la responsabile dei migranti Chiara D'Amico e rappresentati del Comitato Promotore.
L'udienza papale è stata promossa grazie anche all'impegno assunto da Jorge Ithuburu e all'impegno  intrapreso dai rappresentanti del governo argentino verso la comunità di Jelsi.

CENNI BIOGRAFICI
PADRE GIUSEPPE TEDESCHI
Jelsi (CB)  3 marzo 1934 - La Plata (Argentina) 2 febbraio 1976

Giuseppe Tedeschi nacque a Jelsi, un paese di circa 2000 abitanti, in provincia di Campobasso, il 3 marzo 1934. A soli 16 anni lasciò il Molise, per raggiungere il padre Luigi in Argentina, a Buenos Aires, insieme alla madre Maria Grazia Passarelli e ai quattro fratelli Antonio, Renzo, Michele e Filippo.  Nel 1954 si trasferì ad Avellaneda e fu lì che incontrò l’Oratorio dei Salesiani.  Entrò nel seminario di Bernal, poi a Moron per l’anno di noviziato, e al termine del tirocinio nelle case salesiane di Buenos Aires e degli studi filosofici dove venne consacrato sacerdote nel 1967 nella Chiesa salesiana di Maria Ausiliatrice di Bernal. L’incontro con i Salesiani giocò senza dubbio un ruolo determinante nella vita di Padre Tedeschi, in seminario, infatti, maturò e rafforzò la sua grande sensibilità e nobiltà d’animo, la devozione nell’aiutare gli altri, la consapevolezza che il lavoro è il più importante strumento di elevazione dell’uomo. Dopo una parentesi a Mar del Plata, Padre Tedeschi ritornò in una delle zone più degradate della grande Buenos Aires, nel quartiere Don Bosco di Quilmes. In questo contesto sociale, caratterizzato da baraccopoli (Barrio di Villa Itati), a contatto con tanta sofferenza sociale e con tanta disperazione umana, si convinse che il suo apostolato richiedeva una scelta completa, una dedizione estrema. Decise di vivere tra i baraccati, tra coloro che, ultimi tra gli ultimi, avevano più bisogno di lui. Operò per dare a quella gente una coscienza, la coscienza che tutti gli esseri umani, senza distinzione di sesso, cultura, religione, idee politiche, sono uguali. Si fece povero tra i poveri, aprì una scuola a casa sua, un pronto soccorso, si adoperò per far giungere latte e generi di prima necessità, si batté per garantire l’acqua a più di 40 mila persone, diede vita a un centro di assistenza contro la violenza e ad una biblioteca, accolse le fasce più emarginate ed i diseredati insegnando loro il mestiere di falegname e mobiliere. Si impegnò per migliorare la viabilità nel Barrio, i servizi sociali e per elevare le condizioni di vita dei cittadini di quel ghetto.  La vicenda di questo sacerdote italiano si inserisce nella tragica pagina argentina dei desaparecidos, delle persecuzioni, delle torture e dei massacri, che in quel periodo storico videro sterminare un’intera generazione con oltre 30 mila vittime. Con le sue idee di uguaglianza, pace e giustizia sociale e con la sua opera concreta di mobilitazione e di lotta, urtò contro il potere e la oligarchia che stavano per affidarsi alla dittatura militare del Generale Videla. Prelevato dalla sua casa, dopo crudelissime torture che sfigurarono il suo volto e il suo corpo, fu ucciso a soli 42 anni. Il 2 febbraio del 1976 a La Plata fu ritrovato il suo corpo talmente martoriato che nemmeno i fratelli e i suoi più stretti collaboratori riuscirono a riconoscerlo.
A 36 anni dalla sua morte sarebbe auspicabile per un principio di verità e giustizia accertare chi sono stati i mandanti e gli esecutori di quel barbaro assassinio.

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