25 Aprile 68° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE
In occasione del
68mo anniversario della Liberazione, il presidente della Regione Molise,
Paolo di Laura Frattura, alla cerimonia per la Festa del 25 Aprile a Palazzo Santoro.
“Il 25 Aprile è il
giorno che più identifica la Storia del nostro Paese – dichiara il presidente Frattura
–, e oggi, in un clima nazionale di tensioni e divisioni, di temibili derive,
ancora di più. Celebrare la memoria e il significato della Liberazione italiana
dall’occupazione nazifascista è quanto possiamo e dobbiamo fare ogni anno per
consegnare ai nostri figli il valore della libertà che ci hanno garantito,
pagandone prezzi altissimi, anche con la vita, quelle donne e quegli uomini che
hanno sentito il dovere morale di lottare contro chi l’ha negata agli italiani troppo
a lungo”.
L’incontro,
patrocinato da Regione Molise, Provincia di Campobasso, Cgil Molise, Anci Molise
e Anpi, è coordinato da Loreto Tizzani dell’Anpi Molise. Il vicepresidente
della Giunta regionale, Michele Petraroia, ha introdotto i lavori. A seguire i saluti del prefetto di Campobasso, Francescopaolo Di Menna, del presidente
del Consiglio regionale, Vincenzo Niro. Ha chiuso i lavori il governatore Paolo di Laura Frattura con queste parole
La Festa del 25 Aprile per ricostruire
il nostro presente
“Sessantotto
anni sono davvero un tempo lungo nella nostra storia quotidiana. Sessantotto
anni sono un tempo che corre veloce e disperde, molto spesso, le tracce di sé,
del suo senso, con estrema facilità: i testimoni diretti di allora, i
protagonisti di quelle lotte di forza e coraggio non ci sono più, o ne sono
sempre meno, per raccontarci, in presa diretta, lasciandoci emozionare come ci
siamo commossi adesso con il nonno di Daniele Celli, che cosa sia combattere
per la libertà, per il proprio Paese, occupato e umiliato. Che cosa sia
allontanare, scacciare la brutale oppressione nazista e fascista. Non ci sono
più, tanti di loro, a dirci che offesa sia per l’animo e l’intelligenza
dell’uomo subire la prepotenza dell’invasore. E quale sia l’istinto per resistere.
Quelle voci le
abbiamo perse – la vita va così – ma il significato del 25 Aprile Festa
nazionale della Liberazione e della Resistenza non si è perso e non si perde.
Oggi possiamo riconoscerne la bellezza, perché di bellezza si tratta. Resta
nella sua alta valenza di speranza: resistere, ripartire e ricostruire si può
sempre.
C’è un 25 Aprile
da vivere per tutti noi ancora adesso. Adesso perché l’Italia, che pure resta
un Paese libero, o almeno con una libertà di superficie (senza certezze
economiche, senza lavoro, siamo tutti meno liberi), è una realtà tutta da
risollevare. Ancora di più sul piano etico e culturale. Di macerie attorno a
noi ce ne sono fin troppe. Ecco perché servono forza e coraggio, buon senso,
unità di intenti. Così hanno agito nel 1945 tutte quelle donne e quegli uomini,
staffette e partigiani, che hanno pagato un prezzo altissimo, la propria vita, per
l’inestimabile valore della libertà e della dignità della libertà.
Abbiamo ricevuto
una eredità meravigliosa da loro, i nostri nonni e i nostri padri, che sulle
montagne o nella Roma città aperta (tante erano le città aperte) si sono
sacrificati per il dovere morale di dare a un Paese povero, devastato dalla
guerra, nuove possibilità. Di crescita economica, sociale, culturale. Di leggerezza.
Forse noi, generazione che non ha conosciuto gli orrori dei conflitti e delle
dittature, noi che persino e per fortuna abbiamo vissuto qui in Molise gli anni
del terrorismo a distanza più che di sicurezza, ne abbiamo sciupato il senso
più profondo che sta nella tutela di queste condizioni.
Non siamo in
guerra, ancora per nostra fortuna, ma siamo divisi, litigiosi, poveri. Viviamo
in un Paese che contrappone, lasciando che si alimentino di veleni, le piazze, i
Palazzi, il web e la realtà. Tutti ci indigniamo per questi scenari, ma nessuno
si ferma, guarda il vicino, prova a superare le differenze e fa fronte comune
per trovare la via d’uscita.
L’abbiamo visto
nel nostro Parlamento e lo possiamo vedere in mezzo a noi che non siamo altro
che uno spaccato della società. Certo, non rappresentiamo la migliore classe
politica, non sempre sappiamo parlare la lingua dei cittadini comuni, non sappiamo
dare le risposte attese, ma il clima di tensione che attraversa i nostri giorni
non lo dobbiamo solo a questo.
Lo dobbiamo
forse alla memoria che vacilla e che non sa ricordarsi della straordinaria
missione durata anni, condotta da ragazzi, professori, intellettuali,
contadini, e culminata nella liberazione di Milano il 25 Aprile del 1945. Per
questo oggi è immenso il peso del Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano. Immensi sono i suoi 88 anni. Un Capo dello Stato che si commuove
mentre giura per la seconda volta davanti alle Camere perché «si immedesima
nelle sorti del Paese» è un regalo a una Nazione che non sa più commuoversi per
se stessa.
Non ci sono
fucili da imbracciare, non c’è la Resistenza sulle montagne, ci sono però per
noi passi seri da compiere. Il neopresidente del Consiglio, Enrico Letta, ieri
ha detto che non ci sarà un governo a tutti i costi. Nell’epoca dell’inciucio o
del timore dell’inciucio questo piace, suona bene. A tutti costi suona bene.
Però nessuno
pensa alla guida che serve al Paese. Nessuno fa, come i nostri padri e i nostri
nonni sessantotto anni fa, che sotto i simboli popolari, cattolici, comunisti e
socialisti, liberali si sono uniti e hanno rifondato quello che c’era da
rifondare: l’Italia del presente di allora e del meraviglioso futuro che hanno
consentito di vivere a noi come presente.
Quella maturità
storica possiamo ancora farla nostra. L’Associazione dei partigiani questo ci
sprona a fare: combattere senza armi tutti assieme per il bene comune.
Almeno per poter
essere per sempre grati a chi ci ha regalato questa Festa della Liberazione
nazionale, la Festa del nostro 25 Aprile”.
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