ASTORE CON BERSANI PER CAMBIARE L'ITALIA E IL MOLISE.
Non ho bisogno di indugiare sulle
ragioni per le quali sento di dovere partecipare alle primarie del
centrosinistra. Pur non essendo iscritto al Partito Democratico sono da sempre
un uomo di centrosinistra e penso che, dopo lunghi anni dominati dall’asse Berlusconi-Bossi,
sia tempo di voltare pagina. Di approntare un’alternativa morale e politica.
Attraverso un’aperta competizione democratica. Convinto come sono che la svolta
non può venire né dal populismo né dalla tecnocrazia. Piuttosto da
quell’alleanza larga tra progressisti e moderati per una vera e propria
ricostruzione del paese dopo il tempo della decostruzione e della decadenza.
Un’alleanza che sorregga un governo politico in senso proprio determinato a
rispettare gli impegni da noi assunti in sede europea e a coniugare rigore ed
equità sociale. E’ esattamente la linea fissata da Bersani sin dal suo
insediamento alla segreteria del PD. Una linea che ha fatto del PD, pur con i
suoi limiti, il partito meno esile e precario del panorama politico italiano.
In estrema sintesi, dunque,
sostengo Bersani per tre ragioni. La prima di carattere ideale e programmatico:
Bersani considera un “punto di non ritorno” l’azione di risanamento e di
ripristino della credibilità internazionale svolta dal premier Monti, ma si
propone di integrare a arricchire la sua agenda con più lavoro, più crescita,
più diritti. A cominciare dalla questione meridionale, mai negletta come negli
ultimi vent’anni di forzaleghismo. E di marcare una svolta su legalità,
giustizia, informazione, fisco. Materie sulle quali la “strana maggioranza” che
sostiene Monti inibisce la sua azione. Esemplare l’occasione mancata della
legge anticorruzione che il PDL ha mal digerito e depotenziato. La seconda
ragione è di carattere politico, a mio avviso, quella decisiva. Una coalizione
di centrosinistra, un’alleanza tra progressisti e moderati, può essere
costruita solo da Bersani. Solo lui po’ rappresentare il baricentro di un campo
di forze che va da Sel alle forze moderate di centro, civiche e politiche. Una
eventuale vittoria di Renzi, il competitore sul quale si è oggettivamente
polarizzata la partita delle primarie, quali che siano le sue buone intenzioni,
renderebbe assai problematica la costruzione di un centrosinistra largo e
persino la tenuta del PD. Piuttosto riproporrebbe la ricetta velleitaria di un
PD autosufficiente già sperimentata con Veltroni e che sortì la dissoluzione
del centrosinistra e una bruciante sconfitta di dimensioni senza precedenti.
Infine, il mio sostegno a Bersani fa leva su una ragione legata alle sue
qualità personali e politiche: il suo pragmatismo e la sua cultura di governo;
la sua ostentata alterità rispetto al leaderismo e al carismaticismo che hanno
ammorbato la vita politica italiana, cui egli oppone una sobrietà e una
normalità sempre più rare in un leader politico; la fiera difesa di una
democrazia rappresentativa e costituzionale che non può prescindere dallo
strumento dei partiti, ancorchè da restituire al protagonismo dei cittadini.
Vogliamo dire un “usato sicuro”? Che sia. Una ricetta che merita sperimentare considerando dove ci
hanno condotto gli uomini soli al comando che hanno scambiato la politica con
lo spettacolo.
Una conferma alla rovescia delle
traumatiche conseguenze della eventuale vittoria di altri alle primarie ci è
offerta da due personalità tra loro diverse, che non sostengono Bersani ma che,
entrambe, si segnalano per lucidità di analisi. Trattasi di Arturo Parisi e
Paolo Flores D’Arcais. Parisi pronostica un vero e proprio big bang del
centrosinistra nel caso che il segretario del PD perdesse le primarie a ridosso
delle elezioni. Uno scenario apocalittico. Flores, dopo avere detto tutto il
male possibile di Renzi, annuncia che lo voterà proprio per distruggere il PD.
Diagnosi, ripeto, per nulla peregrine, non a caso operate da acuti analisti. Da
loro tuttavia mi distingue radicalmente il giudizio di valore. Se mi è lecito,
l’etica della responsabilità: no, per la mia piccola parte, quel panorama di
macerie vorrei scongiurarlo sostenendo Bersani e, suo tramite, un
centrosinistra largo con cultura di governo. Vorrei concorrere a costruire, non
a distruggere.
Anche per il Molise il ritorno
alle urne per eleggere il governo regionale deve essere l’occasione per il
centro sinistra di ritrovare l’unità e la condivisione di un programma. I
partiti del centro sinistra non si chiudano e abbandonino posizioni ideologiche
e autoreferenziali . Solo così si affronta l’abbandono dei seggi da parte
elettori e il disinteresse dei cittadini per la res pubblica. C’è bisogno di un
consenso largo su scelte che necessariamente si dovranno fare per tentare di
porre riparo a dieci anni di risorse dissipate, di politiche clientelari e
assistenziali, di inefficienza e di carenze progettuali. Questo obiettivo deve
essere accettato e compartecipato dalla comunità, altrimenti si fallisce nel
momento in cui si vince. Come pure la presunta autosufficienza dei partiti per
sfide di immane sforzo e’ un altro pericolo che bisogna evitare. Le energie,
ovunque si trovino, devono essere coinvolte
e coagulate attorno ad visione di sviluppo e di governo. Per quello che mi
riguarda, sono a disposizione per fornire il contributo di idee e di lavorare
per questo risultato, nella consapevolezza che il nostro Molise, in futuro, non
avrà altre possibilità. Un passo indietro di tutti, per chiudere una delle
pagine più vergognose e deleterie della storia regionale.
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