venerdì 13 luglio 2018

TRILOGIA AFGHANA

Campobasso, 14 luglio 2018

PER NON DIMENTICARE: NONO ANNIVERSARIO DEL SACRIFICIO DEL CAPORAL MAGGIORE SCELTO ALESSANDRO DI LISIO.








Di Gennaro Ciccaglione

TRILOGIA AFGHANA
MA CHI È... UN SOLDATO?
È un uomo, oggi per fortuna anche una donna, generalmente giovane, che vive all’ombra di un simbolo che si chiama “Bandiera”...distaccato dal mondo e vestendo un saio che si chiama “divisa”, un saio ornato da uno o più distintivi ma pur sempre un saio...  che porta al bavero le “Stellette”: la miniatura della Stella Italica.
Un uomo, o una donna, che a diritto potrebbero definirsi emigranti. I soldati lasciano la propria terra, i propri affetti, i propri familiari, oggi solo per scelta un tempo neppure tanto remoto per imposizione di legge. Lasciano le loro origini e vanno altrove, oggi con le valige con le ruote, un tempo con la valigia di... cartone: solo molto più piccola di quella degli emigranti diretti in Svizzera o in Germania dei tempi miei, destinata a contenere pochissime cose, solo le indispensabili. La mia prima valigetta, proprio di cartone, perché anch’io sono stato soldato, a lungo, tant’è che spesso mi accusano di essere rimasto tale ed io ne sono orgoglioso, l’ho conservata: contiene tutte le lettere d’amore che ci siamo scambiati, quasi una al giorno, con la mia fidanzata d’allora, oggi mia moglie da quarantacinque anni. Le ritengo, quella valigia e quelle lettere, l’essenza della mia vita, anche di soldato.
Il soldato è colui che prima per scelta, e poi anche per legge, è tenuto ad obbedire. Obbedire significa rinunciare: rinunciare alle usanze, ai costumi, a buona parte della propria libertà a favore di uno “status”, di un modo di vivere, basato sul sacrificio personale, sulla solidarietà e sulla subordinazione. In altri termini è colui che vive nell’ambito dell’applicazione della disciplina militare, operando “...non per timor di pena o speranza di ricompensa ma per intimo convincimento”. Era questa l’essenza della disciplina, unita alla richiamata obbedienza ed all’ordine, i tre pilastri portanti del comportamento militare. Ci hanno infatti anche insegnato che l’obbedienza consiste nella esecuzione pronta, rispettosa e leale degli ordini ricevuti. Ci hanno insegnato, e continuano a farlo, che l’ordine è l’abitudine di mettere ogni cosa al suo posto e di attribuire un posto ad ogni cosa!
Soldato è colui o colei che, obbedendo ad un ordine, parte... va lontano... in un’altra parte del mondo dove c’è bisogno del suo operato per difendere deboli dagli oppressi, libertà dal despotismo, democrazia dalla dittatura, talvolta sempre più folle e feroce, ma va anche dove c’è da soccorrere, da aiutare, da portare in salvo esseri umani.
Soldato è chi, nelle Guerre di Indipendenza, si è lanciato contro le baionette nemiche gridando SAVOIA, è chi nella Grande Guerra ha fatto lo stesso contro gli sbarramenti di filo spinato, incurante delle raffiche e delle schegge che li decimava, è chi nella sciagurata seconda, e speriamo ultima, guerra mondiale si è disteso nella sabbia del deserto, fra i cingoli cigolanti del carro armato nemico, per aggredirlo alle spalle forzando la chiusura della torretta... tutto in nome di un Giuramento.
Il Soldato, care amiche ed amici, è colui o colei che, apprese queste condizioni di vita, appreso quello che deve essere il suo aspetto formale, appreso bene qual è il vero significato della parola “FEDELTÀ”, assume l’impegno morale e formale ad essere... fedele alla Repubblica Italiana ed a seguire l’esempio, luminoso e doloroso, di chi lo ha preceduto!
Soldato è colui o colei che si abitua a scandire le ore del giorno e della notte con squilli di tromba: sveglia di prima mattina, adunate varie per l’alza e l’ammaina Bandiera, per il rancio, per la marcia, per le esercitazioni, per la libera uscita, per la ritirata... per il silenzio.
Il silenzio... il segnale che commuove tutti... il segnale che diventa tributo di onore quando lo si rivolge ai Soldati... andati avanti... ai Soldati Caduti... Il segnale che fa piangere tutti, che fa piangere mamme e fidanzate... che fa piangere anche il... trombettiere! E quante volte... e quanto!
E allora... SILENZIO!

E... CHI È UN EROE?

Chi di noi non ricorda un capolavoro della letteratura scritto da Edmondo De Amicis (e sotto al nome era aggiunta la specifica “Ex ufficiale dell’Esercito”) intitolato CUORE. Oggi nelle scuole non credo si legga e si commenti nella sua interezza tanto che, mia moglie ed io, ne abbiamo regalato una copia a Ginevra, la nostra nipotina più grande. Ai miei tempi invece si leggeva, e come. E c’era il racconto del mese... Piccola Vedetta Lombarda... Il Tamburino Sardo... ma anche.... il Piccolo Scrivano Fiorentino... il Piccolo Patriota Padovano... l’Infermiere di Tata...
Ebbene questo libro non parla di Eroi ma li descrive, e li descrive talmente bene che la mia immaginazione di fanciullo di allora ne impressionò profondamente il mio animo. Conservo intatta quella memoria e la associo a quella del mio Maestro che, in una sua raccolta di poesie dolcissime (Piccolo Mondo, di Pierino Mignogna) inserisce anche la “Canzone del Cuore”. Ero andato a trovarlo, durante una licenza, e me la fece leggere, non solo: ...la sto mettendo in musica, mi disse, vorrei farti sentire alcuni accordi... e prese la chitarra... Indimenticabile emozione: quella sua canzone citava i “racconti del mese” e quei titoli evocavano in me il ricordo dell’infanzia ed il concetto che mi ero fatto dell’Eroe... non quelli omerici, guerrafondai e talvolta crudeli, ma quelli votati spontaneamente ad un sacrificio, pronti a donarsi interamente proprio come il Tamburino Sardo, La Piccola Vedetta Lombarda, ma anche L’Infermiere di Tata...
Eroe è chiunque riesce a donare una grande prova di coraggio senza che nessuno gliel’abbia chiesta, senza che essa non fosse imposta da leggi, regolamenti, statuti, anteponendo la vita o la libertà degli altri alla sua.
Eroi... in pectore sono tutti, e dico tutti, quelli che scelgono un tipo di vita nella quale sarà possibile dovere affrontare situazioni di vero pericolo per adempiere fino in fondo il proprio dovere: tale scelta è una scelta eroica di per sé. Eroi sono tutti quelli che, pronti intimamente a donarsi in tutto e per tutto, alla circostanza del pericolo si... donano! Donano anche la vita...
Diceva Costantino Nigra... Modesti ignoti Eroi. Gli Eroi sono proprio così... modesti e sconosciuti!
Tocca a noi il compito, nobilissimo, di elevarli dalla loro innata modestia e di presentarli al mondo, per non farli anche dimenticare! Di onorarli, continuamente! Di indicarli ai giovani come esempio di vita da seguire.
La mitologia del nord Europa ci tramanda l’immagine di vergini guerriere denominate Valchirie. Cavalcando focosi destrieri immaginari attraversavano i cieli delle battaglie scegliendo quali guerrieri, tra i migliori ed i più coraggiosi, destinare alla morte gloriosa ed alla loro eterna sopravvivenza poi nel Walhalla, il paradiso degli eroi e residenza degli dei! Noi non abbiamo bisogno di sceglierli o di ricercarli: ne abbiamo tanti... e tanti, purtroppo. Né abbiamo ancora smentito Bertold Brecht quando dice “... felice il popolo che non ha bisogno di eroi!”

E INFINE: CHI È ALESSANDRO?
Alessandro è un ragazzo molisano come tanti altri. E’ andato a scuola, ha conseguito la maturità scientifica e insegue un sogno: entrare in polizia, nella Polizia di Stato. Per farlo deve passare dall’Esercito: e non esita a farlo. La disciplina non gli pesa perché è un ragazzo di... buona famiglia, senza grilli per la testa. Nell’Esercito sceglie di fare il paracadutista: non gli mancano prestanza e coraggio e lo fa nel Genio Guastatori. Entra così a far parte dell’8 Reggimento Genio Guastatori Paracadutisti, più precisamente della 22^ Compagnia. Questa è l’erede naturale della gloriosa 22^ inquadrata nell’VIII Battaglione Guastatori Paracadutisti costituito agli inizi del 1941 e confluita, nel 1942, nella 1^ Divisione Paracadutisti “Folgore” con i tre Reggimenti Paracadutisti (1°, 2° e 3°) ed un Reggimento di Artiglieria Paracadutisti. I parà della 22^ si chiamano Angelo Neri (quelli delle altre compagnie sono i Giaguari (la 21^), i Cinghiali (la 23^) ed i Tigri (la 24^). Ognuna di esse ha il suo grido di battaglia: la 22^ urla ARES, il nome del più bello e più guerriero degli Olimpi.
Ma che c’entrava Alessandro con la guerra?... Nulla, per lui era uno sporco mestiere. Uno sporco mestiere che però qualcuno... doveva pur fare!
E così, proprio per via di questo sporco mestiere, quella maledetta mattina Alessandro si trova in testa al convoglio, sulla ralla del Lince, a scrutare la pista nel deserto... Il pilota dei mezzi protetti non ha la visuale completa ma ridotta: chi è in alto, scoperto ed esposto al tiro nemico, ha il compito di osservare tutto. Un  piccolo segno di terreno smosso può indicare un pericolo... una mina. Alessandro lo vede, quel terreno smosso. Ne avverte attraverso l’interfono i colleghi all’interno del mezzo che si arresta immediatamente. Attimi infiniti raggelano il sangue dei ragazzi che si accingono a scendere dal Lince per verificare direttamente quale insidia si nasconde sotto quella traccia. Alessandro si appresta a manovrare la mitragliatrice per proteggere i colleghi che stanno per scendere dal veicolo... il mezzo arretra, di pochissimo... forse pochi centimetri e.. tutto finisce! L’esplosione è tremenda. Alessandro viene sbalzato fuori dal veicolo insieme al portellone che avrebbe potuto chiudere per proteggersi da attacchi meno vili... per rintanarsi nella blindatura dell’unità di sopravvivenza. Ma non ha di fronte a sé un nemico leale, che si mostra, che indossa l’uniforme imposta dai trattati internazionali... deve combattere contro un nemico subdolo e vigliacco che non si mostra, che non osserva le regole (perché anche la guerra ha le sue regole) e non gli serve la blindatura... non gli serve più nulla.
Finiscono così i sogni di un ragazzo... finisce la sua vita... finisce tutto. All’improvviso la sua famiglia, la sua città, la sua regione diventano protagonisti involontari di una scena che troppe volte si è ripetuta, uguale nel copione e nel dolore: il dolore severo e dignitoso di Dora, Nunzio, Maria, Valentina... messo a nudo dai riflettori. Quei riflettori che presto si spegneranno sulla scena che tornerà ad essere quella di tutti i giorni, quella delle frasi di circostanza, di cui sono abbondantemente farciti i sermoni dei politici, quella delle promesse che non saranno mai mantenute, quella del dolore che nessuno potrà mai lenire, quella delle commemorazioni poco sentite o non sentite affatto.
Cambiamola, cambiamola noi quest’ultima scena, costruiamone insieme una nuova, in cui si dia atto e risalto al Sacrificio di Alessandro e di Quanti come lui si sono immolati. Nella loro scelta iniziale sta l’eroismo, nel sapere che ben poteva accadere quello che è accaduto e comunque nel non essersi sottratti all’impegno assunto col Giuramento. Fino alla fine.
Perciò che Alessandro non è morto! Perciò che non potrà mai... morire!
CAPORAL MAGGIORE SCELTO ALESSANDRO DI LISIO...
PRESENTE!!!!!

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