MAGLIERI: “VANTAGGI ENORMI E PIU’ OCCUPAZIONE”
E’
possibile coltivare frumento, foraggio, mais e ogni altro tipo di seminativo senza più arare la terra? Produrre risparmiando l’80% del tempo e dell’energia?
Usare il suolo senza generare fenomeni
di erosione e di dissesto? E ancora: fare agricoltura usando meglio l’acqua e migliorando la qualità di vita degli
agricoltori? L’impressione è che si stia parlando di un’agricoltura del
futuro, di qualcosa di utopico. “Eppure,
osservando quanto accade in Argentina,
questo futuro sembra essere già realtà grazie a una tecnica agronomica chiamata Semina su sodo”. Lo spiega Gabriele Maglieri, giovane imprenditore
agricolo, amministratore del Comune di
Riccia (CB) e membro dell’ANCI
Giovani, che dal 19 al 26 novembre è volato in Sudamerica proprio per scoprire questa
agricoltura ‘alternativa’.
“Un’esperienza
indimenticabile e altamente formativa”,
afferma il giovane dottore in agraria laureatosi presso l’Università del
Molise. “Il mio interesse per questa
tecnica – racconta - nasce proprio
nelle aule del dipartimento Agricoltura
Ambiente e Alimenti, e dall’incontro con il mio docente di economia e gestione
dell’impresa agroforestale che è stato il coordinatore della mia visita in
Argentina”.
Il prof.
in questione è Danilo Marandola,
ricercatore dell’INEA di Roma nonché direttore dell’Associazione Italiana Produttori Amici del Suolo (AIPAS – www.aipas.eu)
e capogruppo durante il viaggio. “Dal
2005 con AIPAS - riferisce il docente -
sperimentiamo e diffondiamo la Semina su sodo nelle aree
del centro-sud. Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma
agronomico che deve accompagnarsi a un cambio
tecnico-culturale necessario per adeguare il sistema ai nostri territori.
Un’occasione di sviluppo rurale
oltre che di innovazione agrotecnica”.
La semina
su sodo nasce in Argentina già negli anni ‘60 e lì viene oggi praticata su
oltre 25 milioni di ettari, ben l’80%
della superficie dedicata ai seminativi. Un vero e proprio granaio quello
argentino, che ‘sforna’ ogni anno 100 milioni di tonnellate di granella di soia
(50%), mais (25%), frumento (15%), girasole (5%) e sorgo (5%). Tutte
rigorosamente prodotte senza arature, erpicature, fresature ecc. Una vera e
propria industria agricola che, grazie alla Semina su sodo, è riuscita a
combinare efficienza, redditività e conservazione della fertilità del suolo.
L’ingegno
degli emigrati italiani contribuì allo sviluppo di questa tecnica in Argentina.
Lo stesso ingegno consente oggi agli italiani di portare e adattare in patria
questa innovazione, che si propone due obiettivi principali: opportunità per
migliorare la competitività aziendale,
e favorire un uso più sostenibile del
suolo agricolo. Lo sanno tutti gli agricoltori soci di AIPAS,
l’associazione che ha organizzato il viaggio-studio cui ha partecipato il dott.
Maglieri. Una visita fortemente voluta dall’Ambasciata argentina a Roma e dalla Segreteria di Commercio estero del governo argentino che
considerano il tema della Semina su sodo un’occasione per avvicinare
commercialmente e culturalmente il loro Paese all’Italia. “In Argentina la Semina su sodo è la forma
più comune di fare agricoltura - riferisce Claudio Vella, vicepresidente di AIPAS e altro partecipante del
viaggio - Lì sono già disponibili la
tecnologia e il sapere necessari ad applicare al meglio la tecnica, ed è per
questo che ogni anno organizziamo delle visite in questo Paese”.
La visita
realizzata a novembre si è focalizzata proprio sulla tecnologia sviluppata
dalle piccole e medie imprese argentine
in tema di semina su sodo. Un settore, quello della agro-tecnologia, che si è
evoluto e diversificato in parallelo al diffondersi della tecnica e che oggi
offre opportunità di lavoro importanti.
Basti pensare che una delle tappe chiave del tour di visite realizzato da AIPAS
è stata la ‘Decima mostra nazionale delle piccole e medie imprese agroindustriali
di Las Parejas’, una cittadina
di soli 16.000 abitanti che annovera
oltre 106 imprese agromeccaniche e solo il 3% di disoccupazione. “Una
fiera di macchine agricole – racconta Maglieri – in cui non si vendono trattori, ma prevalentemente seminatrici da sodo, il vero cuore del sistema
produttivo locale”.
Ma quali
sono gli elementi cardine della semina su Sodo? “E’ un sistema agronomico complesso più che una semplice tecnica -
spiega il prof. Marandola - che si basa
su tre capisaldi: non-lavorazione del terreno, copertura continua del suolo con
residui e colture di copertura, avvicendamenti colturali mirati. Detta così - spiega - può sembrare l’uovo di Colombo, ma sono
moltissimi gli aspetti cui va prestata attenzione per ottenere buoni risultati;
anche i dettagli possono fare la differenza. Un cattivo controllo delle
infestanti, per esempio, o una gestione poco accorta delle fitopatie, può
tradursi in un insuccesso clamoroso e disincentivare gli agricoltori dal
convertirsi alla non-lavorazione. Per questo – prosegue Marandola – è importante che gli agricoltori che
intendono iniziare a fare sodo siano opportunamente consigliati e seguiti da tecnici esperti o anche da altri
agricoltori che fanno Sodo da più anni. Nella nostra esperienza infatti – conclude
- il mix
di supporto tecnico e di dialogo con agricoltori esperti si è dimostrato quasi
sempre vincente nel diffondere il Sodo e nel ridurre il tasso di insuccesso
o di ripensamento da parte di agricoltori neofiti”.
Questa è
l’anima di AIPAS, una rete di
agricoltori ‘sodisti’ che condivide esperienze, segreti, novità e
tecnologie in Campania, Puglia, Basilicata, Lazio, Umbria e che, grazie ad agricoltori innovativi come Maglieri,
opera con sempre più successo anche nella regione Molise.
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