Foto G.Calabrese |
“Celebrare la cerimonia del 25 aprile
rappresenta per ogni politico un momento di alto spessore socio culturale.
Quest’anno, poi, la festa della Liberazione rischia di passare in secondo
piano, sia per la concomitanza delle feste pasquali, sia per il ponte con le
scuole chiuse, che per motivi elettorali. Ma come presidente della Provincia di
Campobasso non ho voluto esimermi dal ricordare l’evento forse tra i più
importanti della storia d’Italia, una svolta che ha segnato le sorti del
dopoguerra, la fine dell’oppressione nazifascista, la fine del regime
dittatoriale e l’avvio di un percorso di preparazione alla democrazia, alla
pace ed alla ricostruzione. Un 25 aprile che il Molise ricorda con il sangue
dei caduti civili e militari, con il dolore delle famiglie, con i mutilati, con
i bambini orfani, le donne vedove, con l’economia in ginocchio, insomma, un
Molise che soffrì forse più degli altri la seconda guerra mondiale, proprio
perché terra di laboriosi contadini che al ritorno a casa trovarono un
territorio devastato. Ultimamente volevo associarmi anche al dolore di quelle
famiglie che ebbero a casa i propri cari anni dopo, ancora prigionieri per anni
nei campi di sterminio, soldati che tornarono a piedi con la vita segnata;
volevo unirmi a quelle famiglie che fecero fatica ad avere anche solo notizie
dei familiari al fronte, insomma il mio pensiero va a tutta la popolazione
perché nessuno riuscì a restare immune dalla guerra, dalla Rsi e dai disastri
del dopoguerra. Un Molise particolare che subì bombardamenti, ma anche drammi
sociali derivanti dalla linea Gustav che vedeva l’area del Volturno rientrare,
seppur parzialmente, come agro bellico. Proprio di recente, e la storia forse
qui ha delle responsabilità, ho avuto modo di ascoltare e di leggere delle
aspre ed atroci scorrerie, volgarità e violenze inenarrabili subite nei
territori del vicino cassinate, le cosiddette marocchinate. Un 25 aprile,
dunque, di riflessione, di sobrietà e di pace che auguro a tutti voi, mentre
episodi di guerra o legati alla guerra ed alle missioni continuano ad arrivare
dalla Russia, dai nostri marò, dalle spese belliche. Una giornata della
Liberazione che mi invita a pronunciare una frase: resistere è amare, amare è
resistere. Resistenza fu un nuovo testamento, e di questo abbiamo bisogno oggi
come allora. Dobbiamo pertanto riaffermare la dignità delle nostre istituzioni
democratiche e repubblicane, così come ci sono state consegnate dalla Resistenza
e dai nostri nonni e genitori che hanno lottato per un futuro migliore”.
Nessun commento:
Posta un commento