sabato 16 novembre 2013

OMAGGIO A GINO MAROTTA

Campobasso 16 novembre 2013

REGIONE MOLISE FONDAZIONE MOLISE CULTURA
GINO MAROTTA
A cura di Lorenzo Canova
FONDAZIONE MOLISE CULTURA PALAZZO EX GIL
Foto di Luigi CALABRESE
 conferenza stampa sabato 16 novembre 2013 ore 11 
inaugurazione sabato 16 novembre 2013 ore 18

Una grande mostra di Gino Marotta (Campobasso 1935- Roma 2012) inaugurerà sabato 16 novembre le splendide sale espositive della Fondazione Molise Cultura nel restaurato palazzo della Ex GIL di Campobasso progettato dall’architetto Domenico Filippone.
La mostra (curata da Lorenzo Canova, docente di storia dell’arte contemporanea dell’Università del Molise e Sovrintendente della Fondazione Molise Cultura) nasce come un grande omaggio a Gino Marotta nella sua regione e nella sua città di nascita, a un anno esatto di distanza dalla sua scomparsa, e sviluppa un progetto, al quale ha lavorato fino ai suoi ultimi giorni, pensato proprio per gli spazi del palazzo della Ex GIL a cui l’artista era particolarmente legato.
Raccolte intorno a otto grandi installazioni, saranno dunque esposte sessanta grandi opere pittoriche e scultoree di Marotta che coprono più di cinquanta anni di lavoro, dal Bandone del 1958 fino al Cronotopo virtuale del 2011, in un percorso che non rappresenta solo un dovuto tributo a un grande protagonista della cultura italiana e internazionale, ma una dimostrazione tangibile della vitalità creativa e della grande forza costruttiva di un uomo che ha sempre saputo rinnovarsi e mettersi in gioco, cercando sempre nuove soluzioni tecniche, formali e concettuali
Sarà possibile dunque ammirare una splendida selezione dei metacrilati di Marotta: palme, siepi e querce che sorgono dal pavimento, foreste di menta che inquadrano lo spazio in un modulo cubico, rinoceronti, giraffe e tigri che in un cono temporale riportano fino al paleolitico, cicloni e alberi elettrici che seguono il tracciato del laser in pulsanti vibrazioni di led luminosi.
Il risultato di questa mostra rispecchia dunque pienamente l’idea di apertura e sconfinamento che ha sempre segnato il lavoro di Marotta, seguendo la visione di sviluppo del futurismo elaborata nel fecondo clima della Roma degli anni sessanta di cui l’artista è stato uno degli assoluti protagonisti, elaborando tra i primissimi i codici fondanti dell’environment, di quell’opera-ambiente i cui spazi immersivi devono assorbire e coinvolgere totalmente lo spettatore in modo multisensoriale, come accade nella sua Foresta di Menta del 1968. Questo capolavoro apre non a caso la mostra di Campobasso per fare entrare gli spettatori nel mondo magico dell’artista, assorbendoli nel suo avvolgente abbraccio fatto di liane artificiali, di profumi e sapori, fondendo l’elemento visivo, tattile, olfattivo e gustativo.
L’esposizione, nei suoi spazi aperti dove le opere conversano liberamente tra loro, dimostra ancora una volta come Marotta sia stato uno dei veri artisti totali del secondo novecento, prosecutore della visione dell’artista polimorfico rinascimentale e barocco, capace di fondere pittura, scultura e architettura, di raggiungere il design e di contribuire all’apertura verso l’opera ambientale e la dimensione dello spettacolo, in una declinazione anche elettronica, con l’uso del neon prima e poi con i led delle sue ultime opere che pulsano nel buio come costellazioni artificiali nate dal suo pensiero costruttivo.
Si potranno ammirare anche i grandi quadri degli ultimi anni in cui Marotta gioca con il suo mondo iconografico componendo opere di misteriosa sospensione dove tutto viene preso da un vento enigmatico di leggerezza che fa volare le cose nel turbine leggero e fremente di una stesura lieve e raffinatissima formata su una visione composita e impalpabile, allo stesso antica nel suo rigore e futuribile nella sua visionarietà iconica.
Nella fusione di tutti questi elementi di questa opera unica e aperta, i diversi capitoli tracciati da Marotta si stagliano con energia nelle prospettive tese e rilucenti delle sale rinnovate della Ex GIL, dialogano con lo spazio e formano nuove relazioni tra le loro modulazioni e il loro impianto costruttivo, i colori acidi e squillanti si armonizzano con le oscure trasparenze dell’Oasi d’ombra che si distende verso la Foresta di Menta e il Corteo di dromedari, i Fenicotteri artificiali sembrano essere volati via dall’Oasi coloratissima e rispecchiata nelle vetrate dell’Hortus conclusus con il suo serpente blu e la sua giraffa rosa che mangia un fiore, lirica anticipazione della Ninfea blu che sboccia nel buio con le sue onde azzurre riflesse nelle sculture di luce, vibrazioni ininterrotte del genio elettrico di Gino Marotta che continua ancora a regalare nuove visioni e nuove splendenti rivelazioni.
Per l’occasione è stato stampato un catalogo pubblicato da Maretti Editore dove saranno pubblicate le immagini delle opere di Marotta già installate negli spazi della Ex GIL.

Conferenza stampa sabato 16 novembre 2013

Interventi:
Paolo di Laura Frattura
Presidente Regione Molise
Fondazione Molise Cultura
Sandro Arco
Direttore Fondazione Molise Cultura
Lorenzo Canova
Università del Molise- Sovrintendente Fondazione Molise Cultura - Curatore della mostra
  
Nel pomeriggio
Inaugurazione e apertura al pubblico sabato 16 novembre 2013

GINO MAROTTA
Palazzo EX GIL
Fondazione Molise Cultura
Via Milano 15/ Via Gorizia 86100 Campobasso
16 Novembre 201328 febbraio 2014
Orari: Lun - Ven. 10,00/ 13,00 - Lun. e Merc. 15,30/ 18,00

Mostra organizzata con la collaborazione scientifica dell’ARATRO, Archivio delle Arti Elettroniche – Laboratorio per l’Arte Contemporanea dell’Università del Molise


Catalogo: Maretti Editore


Sandro Arco

Direttore Fondazione Molise Cultura










La rinascita di un edificio e la nascita di un nuovo spazio per la città. Questa è la Gil oggi, nella nuova veste donatale dal lungo restauro. Un luogo familiare ai campobassani, ma anche un edificio di grande interesse storico e architettonico.
Il Palazzo, realizzato fra gli anni 1936/1938 su progetto dell’arch. Domenico Filippone, rappresenta l’unico esempio di architettura razionalista nella città. Nato per accogliere le attività della Gioventù del Littorio, l’edificio, con la sua pianta a C che si adeguava perfettamente all’ambiente circostante, fu riconosciuto subito dalla critica coeva quale frutto di un lavoro di progettazione di alto profilo tecnico e formale.
Oggi, dopo gli anni dell’abbandono e delle polemiche, il Palazzo ritorna a essere luogo aperto alla città nella nuova veste di centro di promozione e produzione culturale, ospitando, nei locali destinati a uffici, la Fondazione “Molise Cultura” e le strutture regionali dedicate alla cultura e al turismo e offrendo nuovi spazi all’arte e alla cultura.
A cominciare dall’Auditorium che, con i suoi 260 posti, offre alla città la giusta dimensione per ascoltare musica, confrontarsi su temi, assistere a rappresentazioni, seguire incontri.
Poi i nuovi spazi espositivi, recuperati nel progetto di restauro, che rappresentano il punto di forza di questa rinascita: la Galleria Civica che, con le sue luminose vetrate, accoglierà piccole ma significative esposizioni, personali, progetti didattici e la grande Area Espositiva sottostante con entrata da Via Gorizia adeguatamente predisposti per accogliere, finalmente nel capoluogo di Regione, grandi mostre ed eventi culturali di rilievo che, insieme a momenti laboratoriali, trascinino il visitatore in un’esperienza unica e affascinante.
Non è allora un caso che a inaugurare questo nuovo luogo destinato all’arte sia la Mostra (con la M maiuscola) di Gino Marotta, grande artista di levatura nazionale e internazionale, figlio di questa terra, tra i promotori più convinti della nascita della nostra Fondazione e suo primo Sovrintendente.
A un anno dalla morte di Gino una scelta delle sue opere più rappresentative, che segnano il suo percorso artistico ma anche la storia della ricerca artistica in Italia è qui, alla Gil. Un’esposizione attenta e ricercata, tesa a creare un mondo in cui materia, forma, luce e colore si incontrano e dialogano per dare vita ad una nuova, personale realtà fiabesca, quella di Gino Marotta.
Come Direttore della Fondazione Molise Cultura sono onorato di far parte di questa operazione di grande spinta culturale che, sono convinto, rappresenterà un punto di riferimento imprescindibile per il futuro sviluppo delle vicende artistiche e culturali della nostra Regione. L’impegno è di garantire qualità e continuità alle attività promosse dalla Fondazione, nella speranza di contribuire in modo rilevante alla crescita culturale delle presenti e future generazioni di molisani.

Paolo di Laura Frattura 
Presidente della Regione Molise
Presidente della Fondazione Molise Cultura








Marotta per il catalogo

Oltre le radici comuni. Oltre il marchio della piccola comunità delle origini. Il talento che è tale e si manifesta con forme di universale potenza. Questo è stato, è e sarà Gino Marotta. 
Questo è la personale allestita negli spazi espositivi della nostra Fondazione Molise Cultura. Non un omaggio di compiacenza provinciale, ma un omaggio intriso del riconoscimento dovuto a un grande artista che è nato qui, in questo nostro silenzioso e caldo Molise, e altrove, nel mondo, ha trovato la sua affermazione. 
A un anno dalla scomparsa, ci ritroviamo tutti di fronte alle opere che ci dicono e ci testimoniano che il genio vive oltre se stesso. Sempre, per nostra fortuna. 
Colori, intelligenza, avanguardia, modernità, sperimentazione nelle sembianze di quei simboli che hanno segnato in maniera inconfondibile la produzione di Gino Marotta: animali e natura in un risultato ipnotico di gioco, sogno e fascino. Di bellezza autentica che fa dei nostri timidi passi tra le meravigliose creazioni passi felici e sempre più audaci lungo l’affascinante cammino onirico che il Maestro ci ha regalato. 
Così ci ritroviamo tutti avvolti da un’atmosfera di magica sospensione che tramuta la parola e l’interpretazione in ammirazione. Vera, calda, grata. 
Perché grati, eternamente grati, noi molisani saremo al coraggio e alla tensione espressiva di un uomo grande nel mondo. Grande accanto ai più grandi della contemporaneità.
Con Marotta siamo saliti in alto, in un alto sublime a noi probabilmente interdetto senza la sua creatività e la sua arte. 
Con Marotta siamo stati un nome nel mondo. Emozioni scalfite e vibranti nella nostra memoria.
Gino Marotta, il nostro orgoglio. Gino Marotta, il nostro esempio.
L’esempio di chi per merito, capacità e bravura ha dimostrato che le radici della provincia, ripulita dei facili sentimentalismi che non servono mai, sono lo straordinario punto di forza di una narrazione artistica compresa e apprezzata in mille altri spazi diversi. 
Non sappiamo se avremo di nuovo un Gino Marotta di cui vantarci. Sappiamo, però, che l’abbiamo avuto, Gino Marotta. E questo è una impagabile fortuna. 
L’allestimento all’ex Gil ce lo ricorda con una dolce prepotenza che ha a che fare con l’amore e la venerazione per il genio molisano.

Lorenzo Canova












OASI DELLA NATURA ARTIFICIALE
L’opera aperta di Gino Marotta

Palme, siepi e querce che sorgono dal pavimento, foreste di menta che inquadrano lo spazio in un modulo cubico, rinoceronti, giraffe e tigri che in un cono temporale riportano fino al paleolitico, cicloni e alberi elettrici che seguono il tracciato del laser in pulsanti vibrazioni di led luminosi: Gino Marotta, a un anno dalla sua scomparsa, torna a Campobasso con sessanta opere negli splendidi spazi di quella Ex GIL al cui recupero aveva dedicato una grandissima e costante attenzione.
Questa grande mostra nella sua regione e città di origine, a cui Gino Marotta comprensibilmente teneva in modo speciale, non rappresenta solo un omaggio a un grande protagonista della cultura italiana e internazionale, ma una prova tangibile della vitalità creativa e della grande forza costruttiva di un uomo che ha sempre saputo rinnovarsi e mettersi in gioco fino agli ultimi giorni, cercando sempre nuove soluzioni tecniche, formali e concettuali e senza temere relazioni e confronti affascinanti e pericolosi, come nella sua mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma dello scorso anno.
Il risultato di questa mostra rispecchia dunque pienamente il suo progetto, nell’idea di apertura e sconfinamento che ha segnato costantemente il suo lavoro, seguendo la visione di sviluppo del futurismo elaborata nel fecondo clima della Roma degli anni sessanta di cui Marotta è stato uno degli assoluti protagonisti, elaborando tra i primissimi i codici fondanti dell’environment, di quell’opera-ambiente i cui spazi immersivi devono assorbire e coinvolgere totalmente lo spettatore in modo multisensoriale, come accade nella sua Foresta di Menta del 1968. Questo capolavoro, esposto nel Teatro delle mostre a Roma proprio nel 1968 e che per fortuna ha rivisto recentemente la luce dopo anni di oblio, apre non a caso la mostra di Campobasso per fare entrare gli spettatori nel mondo magico dell’artista, assorbendoli nel suo avvolgente abbraccio fatto di liane artificiali, di profumi e sapori, fondendo l’elemento visivo, tattile, olfattivo e gustativo come se si sprofondasse tra le alghe di un lago di menta e realizzando in modo geniale le intuizioni dell’arte polisensoriale teorizzata da Marinetti. L’unicità della Foresta di Menta è tuttavia anche quella di legare tutte le ricerche di Marotta coniugando la sua ironia e il suo sguardo ludico al rigore progettuale che lo ha sempre visto dialogare col design e l’architettura, in un modulo cubico che, nella sua raffinata sintesi polimaterica, dialoga in modo paritario con le ricerche poveriste e con il minimalismo, a cui aggiunge una qualità tutta italiana della scansione prospettica e della concezione cromatica, dove le strisce di plastica fremono di vibrazioni di verde nella stasi o nel movimento generato dall’attraversamento dei visitatori.
Non casualmente la stessa idea di inglobamento dello spettatore nello spazio, nell’architettura, nella luce e nel colore dell’opera, che provoca un sottile e raffinato senso di disorientamento, si ritrova anche nel solenne Cronotopo virtuale del 2011, altra opera-ambiente che conclude l’arco temporale dei lavori esposti. Qui l’artista, incidendole col laser percorso dalla luce artificiale, ripercorre alcune immagini portanti della sua carriera, costruendo un piccolo labirinto traslucido dove la scatola prospettica si scompone e si sovrappone in una simultaneità iconica di punti di vista e di intrecci spazio-temporali incastrati in un luogo apparentemente accogliente ma che ha il potere di ribaltare e mettere in crisi le nostre certezze percettive.
Seguendo dunque la seconda matrice della sua opera, derivata dalla Metafisica di Giorgio de Chirico, che tra l’altro lo aiutò in occasione del suo primo arrivo a Roma da ragazzo, Marotta struttura le sue opere sul modello di una geometria in cui i punti prospettici si sincronizzano in un gioco di chiusure e di vuoti, di volumi architettonici e di rivelazioni matematiche, dosando in modo sapiente anche la dialettica di contrasti e armonie delle luci e delle ombre. Marotta accende così i colori pop che lo stesso de Chirico aveva anticipato nei suoi quadri ricevendo l’omaggio dei suoi ammirati e più giovani continuatori, rischia cromatismi acidi e si immerge in tenebre splendenti di magnifici riflessi sintetici e industriali che ci regalano tutta la sua sfarzosa e rigorosissima intensità della sua visione cromatico-pittorica.
La mostra di Campobasso, nei suoi spazi aperti dove le opere conversano liberamente, evidenzia ancora una volta come Marotta sia stato uno dei veri artisti totali del secondo novecento, prosecutore della visione dell’artista polimorfico rinascimentale e barocco, capace di fondere pittura, scultura e architettura, di raggiungere il design e di contribuire all’apertura verso l’opera ambientale e la dimensione dello spettacolo, in una declinazione anche elettronica, con l’uso del neon prima e poi con i led delle sue ultime opere che pulsano nel buio come costellazioni artificiali nate dal suo pensiero costruttivo.
L’interesse di Marotta per l’elemento artificiale rimodellato dal pensiero e dalla mano dell’artista, in dialogo attivo e propositivo con il mondo della produzione e dell’industria è del resto evidente sin dal Bandone del 1958, in cui la suggestione informale dialoga con il contesto internazionale del nouveau réalisme e del new dada nel riutilizzo dei materiali di recupero a cui l’artista imprime tuttavia una direzione architettonico-costruttiva del tutto personale che lo porta presto alle pitture-oggetto dei primissimi anni sessanta e al successivo uso di quel metacrilato che diventa il suo materiale di elezione.
Sono gli anni in cui l’artista entra in rapporto diretto con quel contesto internazionale che ha portato alla pop art, a cui Marotta dà un originale contributo proprio con i suoi metacrilati, dove fonde le sue esperienze progettuali di designer alla sua sintesi iconica e strutturale che ha dato un senso nuovo al concetto stesso di scultura.
Marotta, infatti, non ha rinnegato il rapporto con la produzione industriale, ma lo ha posto al centro delle sue opere nate dalla sua azione disegnativa e progettuale. Così è stata la materia plastica la protagonista di questo intenso dialogo che Marotta ha intrapreso seguendo quell’idea costruttiva che negli anni Cinquanta e Sessanta ha reso l’Italia un esempio per moltissime ricerche internazionali.
Attraverso il metacrilato, l’artista ha superato l’idea statica della scultura spostandosi, parallelamente ad alcuni compagni di strada, proprio verso l’esito (già intuito dai futuristi) dell’arte ambientale, di nuovo quell’environment in cui l’opera si apre per fare entrare lo spettatore al centro del suo nucleo strutturale. Quest’idea di spalancare l’arte alla dimensione della vita conduce così a installazioni dove è diventato centrale l’interesse di Marotta per la dialettica e il confronto tra naturale e artificiale.
In queste opere degli anni sessanta e primissimi settanta, difatti, gli alberi, i boschi, le palme, gli animali, il mare e la pioggia sono di metacrilato, spesso con inserimenti di neon, per annunciare le metamorfosi della modernità di un’arte che trasforma e modella il paesaggio, ma anche per celebrare industrialmente il sentimento elegiaco della perdita, la nostalgia per un mondo rurale in via di estinzione, come quello del suo Molise.
Nell’età dell’oro della Roma degli anni sessanta, Marotta approda allora alla dimensione aperta e collettiva dello spettacolo, come territorio di dialogo e interazione per le arti sulla linea inaugurata proprio dal futurismo. Muovendo da questi presupposti, e soprattutto nel suo lungo sodalizio con Carmelo Bene, dal film Salomè fino agli spettacoli teatrali Nostra Signora dei Turchi e Hommelette for Hamlet, Marotta sposta in modo quasi naturale la sua attenzione verso una dimensione legata al teatro e al cinema, intesi come forme espressive che immergono e coinvolgono lo spettatore nello spazio dell’opera.
Marotta, con le sue Veneri artificiali che citano l’immagine della Venere e Amore di Lucas Cranach ma usando comunque materiali extrapittorici e metacrilato, ha poi anticipato il contesto di recupero della storia dell’arte degli anni ottanta, nel cui contesto si collocano la grande installazione in pietra Le rovine dell’Isola di Altilia della Biennale di Venezia del 1984 (un omaggio all’area archeologica dell’antica città romana di Sepino, i cui resti sorgono non lontano da Campobasso e a cui l’artista era molto legato) e la straordinaria scenografia di Hommelette for Hamlet (1987) che vale a Marotta il Premio Ubu nel 1988, in una nuova stagione degli anni ottanta che mostra un artista allo stesso tempo differente e coerente rispetto alle esperienze precedenti.
Tuttavia, mai appagato dai risultati raggiunti, Marotta, dalla fine degli anni novanta in poi, rinnova i suoi metacrilati, facendone quadri, sculture e installazioni con inserti digitali e di led luminosi come il citato Cronotopo virtuale .
In questa e nuova e felice stagione, l’artista si è concesso anche il lusso elegante di una pittura in cui, come de Chirico con la sua Neo-Metafisica, Marotta gioca con il suo mondo iconografico componendo opere di misteriosa sospensione in cui tutto viene preso da un vento enigmatico di leggerezza che fa volare le cose nel turbine leggero e fremente di una stesura lieve e raffinatissima formata su una visione composita e impalpabile, allo stesso antica nel suo rigore e futuribile nel suo immaginario.
In questo senso si comprende di nuovo come una mostra di Gino Marotta non sia fatta da una serie di opere in successione, ma come formi al contrario una sola grande opera ambientale che gli spettatori potranno percorrere come una splendida avventura in un mondo fantastico, composto dall’integrazione totale di installazioni, scultura e pittura, in una dimensione aperta e spettacolare che si dona alla vita per abbattere i confini tradizionali formando nuovi codici spaziali e costruttivi.
Nella fusione di tutti questi elementi di questa opera unica e aperta, i diversi capitoli tracciati da Marotta si stagliano con energia nelle prospettive tese e rilucenti delle sale rinnovate della Ex GIL, dialogano con lo spazio e formano nuove relazioni tra le loro modulazioni e il loro impianto costruttivo, i colori acidi e squillanti si armonizzano con le oscure trasparenze dell’Oasi d’ombra che si distende verso la Foresta di Menta e il Corteo di dromedari, i Fenicotteri artificiali sembrano essere volati via dall’Oasi coloratissima e rispecchiata nelle vetrate dell’Hortus conclusus con il suo serpente blu e la sua giraffa rosa che mangia un fiore, lirica anticipazione della Ninfea blu che sboccia nel buio con le sue onde azzurre riflesse nelle sculture di luce, vibrazioni ininterrotte del genio elettrico di Gino Marotta che continua ancora a regalare nuove visioni e nuove splendenti rivelazioni. 


OASIS OF ARTIFICIAL NATURE
The open work of Gino Marotta
by Lorenzo Canova

Palm trees, hedges and oak trees that spring from the floor, mint forests that frame the space in a cubic module, rhinos, giraffes and tigers that in a temporal cone drive us back  to the Paleolithic age, cyclones and electrical trees which follow the laser  track in the pulsating vibrations of LEDs: Gino Marotta, a year after his death, has come back to Campobasso with sixty of his works, in the beautiful spaces of the “Ex GIL”,  the restoration of which he devoted great and constant attention.
This exhibition in his native region and in his home town, which Gino Marotta understandably held in particular regard,  is not only a tribute to a great protagonist of Italian and international culture who has died, but also  a tangible demonstration of his creative vitality and the great  strength of a man who was always able to reinvent himself and put himself on the line up to his last days. He was always looking for new technical solutions, formal and conceptual,  without fear of dangerous liaisons, as in his exhibition at the National Gallery of Modern Art in Rome, the last year .
As a result, this exhibition fully reflects the  idea of ​​openness beyond limits that has constantly marked his work, according to his vision of development of Futurism,  elaborated  in the fertile Roman art scene of the Sixties, where Marotta was one absolute protagonist. He was  among the very first ones  to develop the founding codes of environment, of art - environment where the immersive spaces absorb and fully involve the audience in a multi-sensory way, as in his Forest of Mint of 1968. This masterpiece, exhibited at the Teatro delle Mostre in Rome in 1968, which thankfully has now been re-opened  after years of neglect,  and not surprisingly it opens the exhibition in Campobasso to allow viewers into the magical world of the artist, enfolding them in a big hug ​​of artificial vines, of scents and flavours, combining the visual, tactile, olfactory and taste elements, as if you were diving  among the algae of a lake of mint,  fulfilling the  clever insights of the multi-sensory perception theorized by Marinetti. The uniqueness of the Forest of Mint lies in that it ties together  all of Marotta research, combining  his humour and his playful look with  the rigor that has always seen him talking with design and architecture, in a cubic module that, in its refined synthesis of many materials, dialogues on an equal footing with the research of Arte Povera and minimalism, which adds an all-Italian quality of perspective scansion and chromatic concept, where the plastic strips flutter with vibrations of green in the stillness or in the movement created by  visitors.
Not by chance, the very idea of ​​incorporation of the viewer in the space, in the architecture, in the light and in the color  of the work, which results in a subtle and refined sense of disorientation, is also found in the solemn Cronotopo virtuale (Virtual Chronotype) of 2011, another work - environment which closes the timeframe of the  exposed works. In  Virtual Chronotype  the artist  runs over again some bearing images of his career, cutting them with artificial  laser light, building a small translucent labyrinth where the perspective box splits up and overlaps in an iconic simultaneity of viewpoints and spatiotemporal crossings, stuck in a seemingly friendly place but that has the power to overturn and undermine our certainties of perception.
Following the second array of his work, derived from the Metaphysics of Giorgio de Chirico, who among other things helped him on his first arrival in Rome as a boy, Marotta structures his works on the model of a geometry in which the points of perspective are synchronized in a game of closures and empties, of architectural volumes and math revelations, wisely measuring also the dialectic of contrasts and harmonies of lights and shadows. Marotta enlightens the pop colors that De Chirico himself had anticipated in his paintings, receiving the homage of his younger followers, he dares the use of acid colors and plunges them  into darkness shining with fantastic industrial and synthetic reflections that give us all his splendid, rigorous chromatic-pictorial vision.
The exhibition of Campobasso , in an open space where the works dialogue freely with each other, once again demonstrates how Marotta has been one of the true, total artists of the late twentieth century, continuer of the vision of the  polymorphic Renaissance and Baroque artist, able to fuse painting, sculpture and architecture, to reach the design and help to open up toward the work environment and the size of the show, in a declination including electronic form, with the use of neon first and later of the LEDs of his last works that pulsate in the dark as artificial constellations sprung up from his constructive thought.
Marotta’s interest for the artificial element reshaped by the mind and hand of the artist, in  an active and proactive dialogue with the world of production and of the industry is evident from his work Bandone of 1958, in which the  informal suggestion dialogues with the international context of the nouveau réalisme of new dada, in  the re-use of recovered materials, to which the artist gives however an architectural - constructive direction of his own, that soon will lead him to object-paintings of the early sixties and the subsequent use of the methacrylate, that became his material of choice .
These are the years in which the artist comes into direct relationship with the international context that led to the pop art, to which Marotta gave an original contribution with his own methacrylates , merging his design experiences to his iconic and structural synthesis which has given a new meaning to the very concept of sculpture.
In this sense, Marotta didn’t deny the relationship with industrial production, but placed it at the centre of his works, created by his planning and design  action. Plastic was then the major player in this intense dialogue that Marotta undertook following the constructive idea that in the fifties and sixties made Italy an example for many international studies .
Through methacrylate, the artist has gone beyond the static idea of sculpture, in parallel with some fellow-travellers, just to the outcome (already guessed by the Futurists) of environmental art  where the works open to let the viewer into the center of its structural core. This idea to open wide art to the dimension of life leads to installations where Marotta’s interest for the dialectic and the comparison between natural and artificial has become central. In these works of the sixties and early seventies, in fact, the trees, the woods, the palm trees, the animals, the sea and the rain are methacrylate, often with insertions of neon, to announce the metamorphosis of modernity of an art that transforms and shapes the landscape, but also to industrially celebrate the elegiac feeling of loss, nostalgia for a rural world in danger of extinction,  like that of his Molise.
In the golden age of the Roman ixties, Marotta gets to an open and collective dimension of the show, as a territory of dialogue and interaction for the arts on the line inaugurated by futurism. Starting from these assumptions, and especially in his long association with Carmelo Bene from the  film Salomè up to the theatre shows Nostra Signora dei Turchi  e Hommelette for Hamlet , Marotta moves his attention in an almost natural way to a dimension linked to the theatre and cinema, seen as forms of expression that immerse and involve the viewer in the space of the work.
In this context we find the large stone installation Le rovine dell’isola di Altilia for the Venice Biennale in 1984 ( a homage to the archaeological site of the ancient Roman city of Sepino, whose ruins are located not far from Campobasso and to which the artist was very close) and the extraordinary set of Hommelette for Hamlet  (1987) that won him the Ubu Prize in 1988,in a new era of the eighties that reveals  an artist at the same time different and consistent with his previous experiences.
However, never content with the results achieved, Marotta, by the end of the nineties onwards, renews his methacrylates, making paintings, sculptures and installations  with inserts and digital LEDs such as the aforementioned Virtual Chronotope .
And in this new and happy season, the artist allows himself even the luxury of a painting in which, as De Chirico with his Neo - Metaphysics , Marotta plays with his iconographic world composing works of mysterious suspension in which everything is swept by an enigmatic wind of lightness that makes things fly in a light and quivering swirl,  of a mild and refined texture, shaped on a composite and impalpable vision, at the same time old  in its rigor and futuristic in its iconic visionary .
In this sense we can understand why an exhibition of Gino Marotta is not a series of works in succession, it creates instead a unique great work-environment, where viewers can walk down, as if it were a wonderful adventure in a fantasy world, composed by the total integration of installations, sculpture and painting, and in an open spectacular dimension that breaks down the traditional boundaries forming new spatial and constructive codes.
In the fusion of all the elements of this unique and open work, the different chapters drawn by Marotta stand out in the taut and gleaming perspectives of the renovated rooms of the Ex GIL, interact with space and shape new relationships between their modulations and their constructive plant, acids and bright colors harmonize with the dark transparencies of Oasis d’ombra  that stretches toward the Forest of Mint and Corteo di dromedari (Train of dromedaries), I fenicotteri prigionieri,   (The flamingo prisoners) seem to be blown away by the colourful Oasis and reflected in the windows  of the Hortusconclusus, with its  blue snake and its pink giraffe eating a flower, lyrical anticipation of the Ninfea blu, (Blue water lily) that blooms in the dark with its blue waves reflected in the sculptures of light, uninterrupted vibrations of the electrical genius of Gino Marotta that continues to give new visions and new dazzling revelations.


Gino Marotta- Biografia
a cura di Isa Francavilla Marotta

Gino Marotta (Campobasso 1935 - Roma 2012)
Nasce a Campobasso il 20 giugno 1935. A soli quindici anni si trasferisce a Roma dove frequenta il liceo artistico e entra in contatto con gli artisti che animavano la scena romana fra cui de Chirico, che lo aveva ricevuto qualche anno prima e aveva accettato di guardare i suoi primi lavori, Capogrossi, Guttuso, Turcato, Cagli. 
1949-1959
Le sue prime opere pittoriche risalgono alla fine degli anni Quaranta, ma è dalla decade successiva che sviluppa una serie di differenti soggetti, stili e tecniche: opere polimateriche come arazzi, encausti, velatini e amalgame di sabbia. A quegli anni risale il suo sodalizio con Emilio Villa che nel 1957 presenta la sua prima mostra personale alla Galleria Montenapoleone di Milano.
In seguito realizza i Piombi, quadri di piombo e stagno, saldati con la fiamma ossidrica, che espone per la prima volta a Roma alla Galleria La Salita, con la presentazione di Franco Russoli.
Con questi lavori è presente già nel ’57-’58 insieme a Burri, Fontana, Capogrossi, Balthus, Licini e Léger in mostre internazionali come Pittori d'oggi Francia-Italia  a Torino, Modern Italiensk Maleri a Copenaghen e molte altre rassegne internazionali.
Nel 1958 è tra gli artisti invitati da Marco Valsecchi alla mostra Giovani artisti italiani. Il Giorno, alla Permanente di Milano e da Lionello Venturi alla mostra Nuove tendenze dell’arte italiana, alla Rome-New York Art Foundation di Roma.
La sua ricerca lo porta a realizzare prima gli Allumini, sottili lamine di alluminio saldate, poi i Bandoni, lamiere di ferro trovate, asportate dalle baracche abbandonate, che conservano le immagini popolari stratificate nel tempo come provocanti figure femminili, pubblicità di macchine da cucire, scritte varie e molte altre immagini. Marotta si limita ad assemblarle, compiendo un’operazione neo-dadaista; i Bandoni verranno esposti nel 1959 a Milano alla Galleria dell’Ariete, presentati da Gillo Dorfles e a Roma alla Galleria Appunto, con un testo di Cesare Vivaldi.
Sempre nel ’59 viene chiamato da Corrado Cagli a realizzare gli apparati scenici del Misantropo di Menandro rappresentato all’Olimpico di Vicenza con la regia di Luigi Squarzina. 
1960-1969
Dopo la stagione dell'informale alcuni giovani artisti provenienti da esperienze differenti (Pietro Cascella, Piero Dorazio, Gino Marotta, Fabio Mauri, Gastone Novelli, Achille Perilli, Mimmo Rotella, Giulio Turcato) fondano il Gruppo CRACK, con l’intento di proporre una nuova versione del neodadaismo e la riscoperta della tradizione futurista.
Nei laboratori delle industrie chimiche e delle fonderie Marotta sperimenta nuovi materiali quali poliuretani e poliesteri e realizza sculture servendosi dei procedimenti industriali per la produzione in serie.
Le opere dei primi anni Sessanta sono esposte nel ‘64 alla Tredicesima Triennale di Milano e nella personale alla Galleria Anthea di Roma, con il testo di Emilio Villa Anatomia Ginomarotta. L’anno successivo sono presenti alla IX Quadriennale Nazionale d’Arte al Palazzo delle Esposizioni di Roma e nella personale 10 Sculture alla Galleria dell’Ariete di Milano, con la presentazione di Giorgio Soavi.
Nella prima metà del decennio esegue vari interventi architettonici tra cui le decorazioni per la facciata della Sinagoga di Livorno e, nel Palazzo della RAI di Viale Mazzini a Roma, le decorazioni del controsoffitto metallico e i bassorilievi in bronzo fuso.
La vocazione all’uso di materiali inediti prosegue nelle sculture ritagliate nel metacrilato che ben presto si trasformano in Environment. Basti pensare al Bosco Naturale-Artificiale (1967), al Nuovo Paradiso (1968) e all’Eden Artificiale (1969) con cui è presente, oltre che nella straordinaria mostra Lo Spazio dell'Immagine di Foligno (1967), alla IX Bienal de São Paulo do Brasil (1967), alla Exhibition of contemporary Italian art, National Museum of Modern Art di Tokyo, all’Esposizione Universale di Montreal (1967), alla mostra 4 Artistes Italiens plus que Nature, Musée des Arts Décoratifs, Palais du Louvre, a Parigi con Ceroli, Kounellis e Pascali (1969) e alla Galleria de Nieubourg di Milano (1969).
Nella rassegna Teatro delle Mostre (1968) alla Galleria La Tartaruga di Roma, espone l’opera-ambiente multisensoriale Foresta di menta, una lunga serie di fili verdi ricavati da materiali plastici che danno la suggestione di liane appese, inseriti in un ambiente profumato di menta. Nello stesso anno, nei tre giorni di Arte Povera+Azioni Povere, manifestazione organizzata da Celant ad Amalfi, partecipa con Giardino all’italiana, un intervento a carattere urbano in cui schiera delle balle di paglia. Nel maggio del 1968 è invitato a esporre alla XIV Triennale di Milano.
In questi anni esegue numerosi alberi, una complessa zoologia artificiale in metacrilato e le opere-ambiente Mare artificiale e Pioggia artificiale del 1969.
Amico di poeti come Ungaretti e Cardarelli, realizza preziosi libri con Emilio Villa, Giorgio Soavi e Antonio Delfini. 
1970-1979
Nella prima metà del decennio continua la realizzazione di opere in metacrilato e materiali plastici che in seguito abbandonerà per più di venti anni.
A gennaio la personale Il Giardino all’Italiana, alla Modern Art Agency di Napoli, presentata da Achille Bonito Oliva con il testo L’animazione del falso reale.
Marotta ha partecipato e contribuito attivamente alla realizzazione di alcune delle più interessanti mostre italiane contemporanee: oltre alla già citata Lo Spazio dell'Immagine del 1967, anche Amore Mio a Montepulciano (1970) e Vitalità del Negativo al Palazzo delle Esposizioni di Roma (1970-71) dove espone, accanto alle installazioni del precedente decennio, l’opera-ambiente Misura naturale cava in fiberglass, un grande cubo al cui interno lo spettatore scopre l’impronta al negativo di un albero.
Con la mostra Amore mio Marotta rende pubblica una ricerca iniziata alla fine degli anni Sessanta in cui smalti industriali dai colori acidi e violenti su lamiere zincate o ossidate e su lastre di metacrilato riproducono i suoi amori della Storia dell’Arte, da Ingres a Tiziano, da Cranach a Hayez, o immagini da rotocalco di procaci pin-up. Nelle scatole di metacrilato le figure lasciano trasparire materiali di diversa natura, dal cartone alle piume, dalla carta argentata alle stoffe di gusto popolare. Il tutto svela da un lato l’amore di Marotta per la grande pittura, dall’altro una vena d’ironia che accompagna costantemente la sua ricerca.
Nel 1971 partecipa alle mostre Elf Italiener Heute al Museum am Ostwall di Dortmund e Multiples The First Decade al Museum of Modern Art di Philadelphia.
Nel 1972 è invitato alla X Quadriennale d’Arte, Palazzo delle Esposizioni di Roma, dove espone l’installazione Introduzione generale alla natura e a Italy The New Domestic Landscape, MoMA, New York.
Il cinema e il teatro d’avanguardia lo vedono impegnato in varie imprese, come l’ideazione di immagini, scene e costumi per il film Salomè (1972) e la scenografia teatrale di Nostra Signora dei Turchi di Carmelo Bene (1972).
Al 1973 risale la grande antologica alla Rotonda della Besana di Milano, la partecipazione alla XII Biennale Middelheim di Anversa e l’Eden Artificiale nei Giardini della XV Triennale di Milano, nella sezione Contatto Arte-Città accanto agli interventi di Arman, Burri, De Chirico, Hundertwasser, Matta e altri.
Nel 1977 la personale I Rilievi all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, di cui è Accademico Ordinario, con la presentazione di Rodolfo Siviero, rende manifesta una ricerca iniziata nel 1974, un’operazione riconducibile a un’esercitazione sul linguaggio: i Rilievi, immagini anamorfiche e virtuali che appaiono sulla struttura lignea. 
1980-1989
Negli anni Ottanta l’abbandono dei materiali plastici e industriali per rivolgersi a materiali più “tradizionali” (il marmo, il bronzo, la pittura a olio…) non lo distoglie dalla sua ricerca rigorosa sul linguaggio e sullo studio della incidenza della luce anche nelle opere pittoriche.
Nel 1981 realizza L’Albero della Vita, una scultura alta più di tre metri in travertino e onice romano destinata a Lignano Sabbiadoro. “Nulla più dell’albero, dalle origini del pensiero umano, si è imposto come metafora e come simbolo, simbolo della vita nel suo differenziarsi rispetto al tempo e lo spazio, simbolo della vita come differenziazione della terra, ‘asse verticale’ che si oppone alla orizzontalità dell’‘orizzonte’…”, dice Paolo Portoghesi nella presentazione dell’opera.
E’ del 1982 la personale Gino Marotta Dipinti e sculture recenti alla Galleria Rondanini di Roma con il testo introduttivo di Emilio Villa L’orizzonte artificiale.
Nel 1984, alla 41. Esposizione Internazionale d’Arte, la Biennale di Venezia, espone Le Rovine dell’Isola di Altilia, una rilettura tra memoria, rielaborazione onirica e sguardo visionario dell’antica Saepinum. L’installazione è inserita nei Giardini della Biennale, in posizione dialogante con lo spazio ideato da Carlo Scarpa per il Padiglione Italia.
La personale I Giardini di Apollo e altre Storie Barocche alla Galleria Apollodoro di Roma, presentata da Vittorio Sgarbi è dell’aprile 1986. Per l’occasione sono pubblicati i testi di Maurizio Calvesi e Paolo Portoghesi.
Nello stesso anno, nella Galleria Novecento di Palermo, ha luogo la personale Luoghi d’artificio in cui vengono esposti disegni dal 1978 al 1984 dedicati a Jorge Luis Borges: un inventario di simboli, spazi mentali e della memoria che ogni uomo può vedere in se stesso chiudendo gli occhi.
Nel 1986 è invitato alla XI Quadriennale d’Arte al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Il teatro lo vede impegnato nella realizzazione delle immagini, delle scene e dei costumi di Hommelette for Hamlet di Carmelo Bene (1987), che gli fanno meritare nel 1988 il Premio Ubu per la migliore scenografia. 
1990-1999
A dicembre del 1990 espone nuovamente, dopo più di vent’anni, il Bosco naturale-artificiale (1967) nella mostra Roma anni ’60 Al di là della pittura al Palazzo delle Esposizioni di Roma, curata da Maurizio Calvesi e Rosella Siligato.
É dell’anno successivo la realizzazione di vetrate, tarsie, pavimento e pitture murali nel Centro Congressi Giovanni XXIII di Bergamo.
Nel 1992, oltre alla personale Il Teatro del Pellegrino al Palazzo Rondanini di Roma, con la presentazione di Fabrizio D’Amico, partecipa all’Expo Universale di Siviglia ‘92 con la Grande Sinopia italiana, una sanguigna su carta alta 140 cm e larga circa 20 metri.
 Nel 1994 la mostra Paralleli all’Accademia d’Egitto di Roma, a cura dell’Accademia d’Egitto e dell’Associazione Romana delle Gallerie d’Arte Moderna.
Nel 1997 torna a esporre le sue sculture in metacrilato nella personale Gino Marotta - Metacrilati. Opere 1964-1974 alla Associazione Culturale La Palma di Roma e nella mostra Dadaismo Dadaismi a Verona, curata da Giorgio Cortenova.
Nel 1999 la personale Gino Marotta. Metacrilati, al Palazzo Ricci di Macerata, copre un arco temporale che va dagli inizi degli anni Sessanta alla seconda metà dei Settanta e presenta nuove opere in metacrilato eseguite dal 1998 al 1999. “La fervida animazione che ha pervaso l’azione di quegli anni è riemersa, nel restaurare alcuni pezzi inevitabilmente danneggiati, attivando un contagioso piacere a giocare ancora una volta con quelle materie e con quei mezzi. Il riannodare le fila di un discorso ormai lontano mi ha consentito di realizzare delle ‘nuove’ opere che figurano in questa mostra e in qualche modo ne costituiscono un prolungamento”, scrive Marotta in un testo presente nel catalogo.
A fine anno, nella personale I nuovi metacrilati alla Galleria Ca’ d’Oro di Roma, espone “quelle magiche scatole delle meraviglie, in cui il gioco delle trasparenze e delle sovrapposizioni cromatiche si mescolava con quello delle luci e delle ombre… in cui il pieno e il vuoto si scambiavano le parti e non si capiva se fossero una sola opera o tante opere…”, come dice Gian Piero Jacobelli nel testo di presentazione.
Partecipa inoltre alla mostra a cura di Plinio De Martiis L’arte Pop in Italia Pittura design e grafica negli anni Sessanta alla Galleria d’arte Niccoli di Parma. Nel 1999 è nominato accademico nazionale dell’Accademia di San Luca di Roma. 
2000-2012
Dopo la partecipazione all’Expo 2000 di Hannover, espone nel 2001, nella personale La luce colorata alla Galleria Ca’ d’Oro di Roma, delle opere realizzate dal 1999 in metacrilato e luce artificiale colorata.
“Il supporto di metacrilato, come accade nelle fibre ottiche, consente il fulmineo scorrimento della luce nello spessore dei solchi incisi sulle varie superfici, facendo apparire le immagini luminose di cui si animano queste moderne ‘icone’ che mi piace immaginare laiche e prive di retorica, come suppongo dovrebbero essere i quadri nell’epoca della virtualità e della comunicazione globale, a cui questi manufatti appartengono, almeno per ragioni tecnologiche e temporali”, scrive l’artista.
Nello stesso anno al Complesso del Vittoriano di Roma, nella mostra antologica Metacrilati, espone sculture e quadri in metacrilato (1964-2001).
L’albero della vita, una scultura del 1973 alta 240 cm e altre opere entrano a far parte della Collezione Farnesina, come è illustrato nel volume Artisti italiani del XX secolo alla Farnesina, con testi di Maurizio Calvesi e Paolo Portoghesi.
Nell’estate del 2002 nella personale Rupestre, al Museo delle Ceramiche di Castelli, curata da Antonello Rubini, espone grandi massi in semirefrattario engobbiato installati su torba e numerose sculture in ceramica. “A Castelli ho visto Marotta plasmare la creta e dipingerla con la stessa sicurezza e raffinatezza di quando lavora a mani sicure il suo notissimo mondo di plastica”, scrive il curatore della mostra.
Realizza anche una grande scultura in acciaio inox alta circa 8 metri, il Grande Alone, per la XVI Edizione Scultori a Brufa nel comune di Torgiano (2002).
Nel 2003 è invitato alla mostra La Grande Svolta Anni ‘60, Palazzo della Ragione, Padova, a cura di Virginia Baradel, Ennio Ludovico Chiggio e Roberto Masiero.
Nel corso del 2004, per iniziativa degli Istituti Italiani di Cultura, un ciclo di quadri in metacrilato del 2003 è esposto in molte città dell’Asia: a Seul alla Galleria Pici; all’Istituto Italiano di Cultura di Nuova Delhi; a Karachi alla Amin Gulgee Gallery; a Islamabad all’Alliance Francaise; a Taipei alla Taipei MOMA Gallery.
Nel 2005, dopo la personale Natura e Artificio alle Scuderie Aldobrandini di Frascati, partecipa all’Expo 2005 di Aichi e alla mostra Pop Art Italia, alla Galleria Civica di Modena, a cura di Walter Guadagnini.
Nell’ottobre dello stesso anno è presente a Parigi con tre differenti mostre: Prato Artificiale alla Galerie Italienne di Boulevard Raspail; Bosco Naturale-Artificiale alla Galerie Italienne di Rue de la Fontaine au Roi; Paesaggio Artificiale alla FIAC. A novembre un piombostagno del 1957, Il Vigilante, è esposto alle Scuderie del Quirinale a Roma nella mostra Burri, gli artisti e la materia 1945-2004.
Nel 2006 partecipa alla mostra Il Modo Italiano. Italian Design and Avant-garde in the 20th Century, al Montreal Museum of Fine Arts e al Royal Ontario Museum di Toronto (riproposta nel 2007 al MaRT di Trento e Rovereto).
In aprile la personale Gino Marotta Methacrylates alla Galleria Nilufar di Milano.
A giugno, negli spazi della Galerie Italienne di Parigi, vengono riproposti gli Environnements degli anni ‘60 e nell’ottobre dello stesso anno, a Londra, durante la Frieze Art Fair, ha luogo la mostra personale Naturale-Trasparent-Artificiale: 1960 to 2006 nelle David Gill Galleries.
Nel 2007 riceve dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il Premio Vittorio De Sica per la Scultura e realizza per la città di Civitanova Marche il Trialone, una scultura in acciaio inox scatolare alta circa 9 metri nel cui bordo interno una fila di vaporizzatori di acqua e led luminosi producono un arcobaleno artificiale.
È dello stesso anno la pubblicazione della monografia di Maurizio Calvesi Marotta, con note critiche di Lorenzo Canova, volume a cura di Isa Francavilla edito da Silvana Editoriale.
Dal 2007 al 2010 partecipa alle mostre: Viaggio nell’Arte Italiana 1950-80 Cento opere dalla Collezione Farnesina (Sarajevo, Sofia, Budapest, Sibiu, Bucarest, Varsavia, Santiago del Cile, Buenos Aires, San Paolo, Lima, Caracas, e Guadalajara), a cura di Maurizio Calvesi e Lorenzo Canova (2007); ’50-’60 La scultura in Italia. Opere dalle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, a cura di Mariastella Margozzi, Villa d’Este, Tivoli (2007); 20 Maestri della Collezione Farnesina Mostra d’Arte Contemporanea a cura di Maurizio Calvesi e Lorenzo Canova, Milano Malpensa (2007); la tanto discussa mostra /Italics/, a cura di Francesco Bonami, Palazzo Grassi, Venezia (2008); L’energia della materia, Casa Italia, Olimpiadi di Pechino (2008); Energie sottili della materia (Shangai, Pechino, Shenzhen e Saluzzo) (2008); Spazio Tempo Immagine al CIAC, Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno (2009); Il grande gioco Forme d’arte in Italia 1959-1972, a cura di Bruno Corà, alla Rotonda della Besana, Milano (2010); Roma Sessanta. Cinque scultori, a cura di Luca Beatrice, Villa Ottolenghi, Acqui Terme (2010); Scultura Internazionale a Racconigi, a cura di Luciano Caramel, Castello di Racconigi (2010).
Dal 2007 al 2010 le mostre personali: Natura e Artificio, Scuola dei Mercanti, Venezia, a cura delle Galerie Italienne di Parigi e David Gill Galleries di Londra (2007); Gino Marotta Naturale_Artificiale all’Aratro, centro per l’arte contemporanea dell’Università degli Studi del Molise a Campobasso, a cura di Lorenzo Canova; Gino Marotta Anni Cinquanta, a cura di Alberto Fiz, nello Studio Giangaleazzo Visconti di Milano (2007); Trasparente/Apparente, a cura di Maurizio Calvesi, Galleria La Nuvola, Roma (2008); Gino Marotta La rotazione dello sguardo inquieto al Modigliani Institut, Palazzo Taverna, Roma (2009); Gino Marotta Amore amore, a cura di Ada Masoero, allo Studio Giangaleazzo Visconti di Milano (2009); Gino Marotta Corteo di primavera e altre luci colorate a cura di Bruno Corà nel chiostro e in altre sale dell’Abbazia di Fiastra, Macerata (2010).
Nel 2009, alla riapertura del MACRO di Roma, nella personale Gino Marotta, a cura di Luca Massimo Barbero, espone l’Eden artificiale, una selezione di sculture in metacrilato (1967-1973) e in una seconda sala l’opera Ricognizione virtuale della savana, ideata e realizzata proprio per questa mostra, un’installazione lunga dieci metri che utilizza alcune tra le più moderne tecnologie come led e laser. “Addentrarsi nell’opera di Gino Marotta significa compiere un viaggio attraverso il tempo e la materia… Con lui abbiamo scelto di rendere la mostra al MACRO un’occasione per dare inizio a un viaggio, non lineare ma diacronico… Da una parte quindi gli animali, che muovendosi nello spazio e nella luce hanno trovato la loro collocazione in un’oasi che si trasforma in ambiente… Dall’altra parte qualcosa che si muove staticamente nell’ombra: la grande opera Ricognizione virtuale della savana è una lama di luci e colori in una sala buia. Una grande lastra in cui l’artista compie una perlustrazione del proprio lavoro, ordinando su un piano insieme immaginario e fisico le ‘icone’ virtuali di una ricerca artistica che si fa ipertesto” scrive Luca Massimo Barbero, il direttore del MACRO, nel testo di presentazione della mostra.
Presentata da Maurizio Calvesi con il testo La supernatura di Gino Marotta, la mostra Gino Marotta L’incanto della savana (2010), nella Galleria La Nuvola, propone a Roma opere che continuano e sviluppano la ricerca iniziata con Ricognizione virtuale della savana e ancora prima, nel 1999, con le opere del ciclo La luce colorata.
Nel volume Indaco Piccolo vocabolario personale, Christian Maretti Editore, 2009, sono raccolti appunti, testi, memorie, testimonianze e considerazioni private che tracciano il vocabolario personale dell’artista, protagonista e testimone degli avvenimenti culturali degli ultimi decenni.
I quadri in metacrilato realizzati tra il 1998 e il 2009 sono raccolti nel volume Gino Marotta Pinacoteca Artificiale di Lorenzo Canova, Christian Maretti Editore, 2010.
Nel 2011 è invitato alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte, Biennale di Venezia, Padiglione Italia, dove espone il Cronotopo Virtuale, un’opera-ambiente di luce colorata in cui entrare, quasi accecarsi e perdere i riferimenti del mondo. Qui, come Marotta afferma “…la luce colorata, il colore ottico, in luogo del colore materico, assume una dimensione fisica”. Le immagini ci appaiono in tutta la loro virtualità e immaterialità.
Negli stessi mesi a Venezia, nella mostra personale Luci d’Artificio, curata da Laura Cherubini, alla Caserma Cornoldi in Riva degli Schiavoni, vengono esposte alcune delle sue opere storiche, in metacrilato e luce artificiale, e le più recenti Luci colorate.
“I lavori con la luce sono legati a un’idea di modernità che l’artista intende come libera progressione di vita”, scrive la curatrice della mostra.
Nel 2012 è invitato alla 11a Bienal de La Habana. Nella mostra Tecnica Mista Com’è fatta l’arte del Novecento, a cura di Marina Pugliese, nel Museo del Novecento di Milano, espone Natura Modulare del 1966. In primavera la personale Gino Marotta Artificiale Virtuale alla Galleria Anna D’Ascanio di Roma. A settembre Gino Marotta Metacrilati 2003-2010 Luci colorate 2011-2012 alla Galleria Peccolo di Livorno.
Il 6 ottobre, alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, la mostra Gino Marotta Relazioni Pericolose a cura di Laura Cherubini e Angelandreina Rorro. La mostra ha un carattere del tutto inusitato, “…una vera e feconda relazione intellettuale che ha prodotto una ‘mostra non mostra’, un percorso che si fa naturalmente seguendo quello già fatto da Marotta. Una relazione pericolosamente viva tra persone con ruoli diversi e con un obiettivo comune: verificare la vitalità dello spazio museo e delle sue collezioni rileggendolo attraverso gli occhi e il lavoro di uno dei protagonisti della scena artistica del secondo novecento e della contemporaneità. Per circa un anno dunque, si sono susseguiti appunti, incontri, confronti tra Gino Marotta, Isa Francavilla Marotta, Laura Cherubini, Angelandreina Rorro e la soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli che ha condiviso l’idea di un percorso e ne ha permesso la realizzazione”, scrivono le curatrici. “Ho provato a adoperare il materiale museo come i colori a olio, il bronzo, il metacrilato e tutto quanto riappare nella risacca della memoria, personale e storica… In questa occasione ho recuperato e messo insieme tutte le energie, le sinergie e i ricordi che mi legano a ognuna delle opere della collezione, in una sorta di diario sentimentale e forse ironico che mi autorizza a giostrare con il museo, i suoi contenuti e il mio giardino immaginario. Senza dimenticare il rispetto e l’amore per ogni suo frammento, ho provato a provocare dei cortocircuiti, direi i miei cortocircuiti che in questo luogo da sempre alimentano la passione e il desiderio per il non manifesto, la fata che insegue ogni artista”, dice Marotta a proposito della mostra.
In ottobre una sua opera della collezione Farnesina viene esposta nella collettiva  Il Palazzo della Farnesina e le sue collezioni nell’Istituto Italiano di Cultura a Londra.
Il 16 novembre 2012 muore a Roma.
Il 9 febbraio, alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, ha luogo la giornata di studio Per Gino Marotta, incontro di studio. Ne sono relatori Maria Vittoria Marini Clarelli, Maurizio Calvesi, Laura Cherubini, Bruno Corà. Fra le molte testimonianze: Lorenzo Canova, Barbara Martusciello, Raffaele Gavarro. In quell’occasione esce il libro di Gino e Isa Marotta Lettere. CorRispondenze di arte e di vita, edito da  Maretti Editore, una sorta di diario-epistolario – scrive Marotta nella presentazione del volumetto – “che da tempo costituisce una singolare consuetudine tra me e mia moglie Isabella. Si intravede chiaramente la reciprocità dei ruoli di testimoni e complici che in questa avventura ci coinvolge e ci responsabilizza senza ipocrisie né infingimenti di comodo. Un modo non comune di costruire un rapporto sentimentale e creativo”.
A marzo la mostra A Roma Obras de la colección Farnesina, Museo de Arte Carrillo Gil, Ciudad de México, a cura di Laura Cherubini.

Biography
by Isa Francavilla Marotta


Gino Marotta (Campobasso 1935 - Rome 2012)
Born in Campobasso, June 20, 1935. At fifteen, he moved to Rome, where he attended art school and met the artists that enlivened the Roman art scene, including De Chirico (who had received him a few years earlier and had agreed to get a look at his early works), Capogrossi, Guttuso, Turcato, Cagli.
1949-1959
His early paintings date back to the late forties, but it was only from the next decade on that he developed a number of different subjects, styles and techniques: works made ​​of different materials such as tapestries, encaustic and amalgams of sand. To those years dates back  his association with Emilio Villa, who in 1957 presented his first solo exhibition at the Galleria Montenapoleone in Milan.
Later he created  Leads, pictures of lead and tin, oxyhydrogen welded, exhibited for the first time in Rome at the Galleria La Salita, with the presentation of Franco Russoli.
With these works in '57- '58, together  with Burri, Fontana, Capogrossi , Balthus , Licini and Léger, he is already performing  in international exhibitions such as Pittori d’oggi Francia-Italia in Turin , Modern Italiensk  Maleri in Copenhagen and many other international events .
In 1958 he was among the artists invited by Marco Valsecchi to the exhibition Giovani artisti italiani . Il Giorno, at the Permanente in Milan and by  Lionello Venturi at  the show Nuove tendenze dell’arte italiana, at the Rome- New York Art Foundation, in Rome.
His search leads him to realize first Allumini (Aluminums), thin aluminum sheets welded, and later, Bandoni, iron sheets found and removed from abandoned shacks, that keep popular images layered in time, such  as provocative female figures, advertising of sewing machines, various writings and many other images. Marotta just assembles them, making a neo-Dadaist operation. The  Bandoni will be exhibited in Milan in 1959 at the Galleria dell’Ariete, presented by Gillo Dorfles and  later in Rome, at the Galleria Appunto, with a text by Cesare Vivaldi.
Also in '59 he was called by Corrado Cagli to realize the stage sets for the Misanthrope by Menander , represented at the Olimpico in Vicenza, directed by Luigi Squarzina.
1960-1969
After the informal period, some young artists from different experiences (Pietro Cascella , Piero Dorazio , Gino Marotta, Fabio Mauri , Gastone Novelli , Achille Perilli , Mimmo Rotella, Giulio Turcato ) founded the Group CRACK, with the intent to propose a new version of neodadaisme and the rediscovery of futurist tradition.
In the laboratories of the chemical and foundry industries, Marotta experimented with new materials such as polyurethanes and polyesters and created sculptures using industrial processes for the  mass production.
Marotta’s  works of the early sixties were exhibited in '64 at the Thirteenth Triennial of Milan and in Rome at the Galleria Anthea, in a solo show, with a text, Anatomia Ginomarotta, by Emilio Villa. The next year, we can find them  at  the Nona Quadriennale nazionale d’Arte,   Palazzo delle Esposizioni in Rome and  in the one man show  10 Sculptures, at the Galleria dell’Ariete  in Milan, presented by Giorgio Soavi .
In the first half of the decade, he performs various architectural interventions, including decorations for the front of the Synagogue in Livorno,  and in the Palazzo della RAI in Rome, Viale Mazzini,  he realizes metal ceiling decorations and bas-reliefs in cast bronze.
His vocation to the use of new materials goes on in the sculptures cut in methacrylate, which  will become Environment. Just think of the Bosco  Naturale-Artificiale (1967),  of Nuovo Paradiso (1968) and Eden Artificiale ( 1969), to be seen  not only in the extraordinary Lo Spazio dell’Immagine, (Space of the Image) in  Foligno ( 1967), but also at the IX Bienal de São Paulo do Brasil (1967), at the  Exhibition of Contemporary Italian art, National Museum of Modern art in Tokyo, at the Universal Exposition in Montreal ( 1967), the exhibition 4 Artistes Italiens plus que Nature, Musée des Arts Décoratifs, Palais du Louvre in Paris, with Ceroli , Pascali and Kounellis (1969) and at the Galleria de Nieubourg in Milan (1969).
At the Teatro delle Mostre (1968), Galleria La Tartaruga in Rome, he exhibits the installation Foresta di Menta (Forest of mint) an environment multisensory work, with, a long series of green threads made ​​from plastic materials that give the suggestion of hanging vines , placed in a minted fragrant atmosphere.  In the same year , during the three days of Arte Povera + Azioni Povere, an event organized by Celant in Amalfi, he participates with Giardino all’italiana (Italian Garden), an urban intervention with an array of straw bales. In May 1968 he was invited to exhibit at the XIV Triennale of Milan.
In this period, he creates many trees,  a complex artificial zoology in methacrylate and  environment-works such as Mare artificiale (Artificial Sea) and Pioggia artificiale (Artificial Rain) in 1969.
Friend of poets such as Ungaretti and Cardarelli, he creates precious books with Emilio Villa, Giorgio Soavi and Antonio Delfini
 
1970-1979
In the first half of the decade he continues the creation of works in methacrylate and plastic materials which later he will abandon for more than twenty years.
In January, he exhibits a solo show  Il giardino all’italiana (The Italian Garden),  at the Modern Art Agency of Naples , presented by Achille Bonito Oliva with the text L’animazione del falso reale.
Marotta has actively participated and contributed to the creation of some of the most interesting contemporary Italian exhibits: in addition to the aforementioned Lo Spazio dell’immagine (The Space of the Image), 1967, we must remember also Amore Mio (1970) in Montepulciano and Vitalità del negativo (Vitality of the Negative) at the Palazzo delle Esposizioni, in Rome ( 1970 - 71), where he exhibited alongside the installations of the previous decade  the work - environment Misura naturale cava ( Hollow natural measure) in fiberglass, a large cube in which the viewer discovers the negative mark of a tree.
With the exhibition Amore mio (My Love),  Marotta reveals  a research begun in the late sixties where industrial enamels, acid and violent colors on galvanized or oxidized metal sheets and methacrylate sheets illustrate his loves in the History of Art, from Ingres to Titian, from Cranach to Hayez , or provocative pin-ups from magazines.  In the methacrylate boxes, figures reveal different types of materials, from cardboard to feathers, from aluminum foil to popular fabrics. All this reveals on the one hand the love of Marotta for the great painting, and on the other a vein of irony which constantly accompanies his research.
In 1971 he participated in the exhibitions Elf Italiener Heute at the Museum am Ostwall in Dortmund and Multiples The First Decade at the Museum of Modern Art in Philadelphia.
In 1972 he was invited to the X Quadrenniale d’Arte Palazzo delle esposizioni in Rome, where he exhibited the installation Introduzione generale alla natura (General Introduction to the nature) and Italy The New Domestic Landscape , MoMA, New York.
He worked for the cinema and the avant-garde theater, in the creation of images, scenes and costumes for Salomè (1972) and of the set design for Nostra Signora dei turchi, (Our Lady of the Turks) by Carmelo Bene (1972).
A major retrospective at the Rotonda della Besana in Milan dates back to 1973, as well as his participation in the XII Biennial Middelheim in Antwerp and Eden artificiale,  in the Gardens of the XV Triennale di Milano, in the section Contatto Arte-Città, alongside the interventions by Arman, Burri, de Chirico  Hundertwasser, Matta and others.
In 1977, his one man show  Rilievi (Reliefs) at the Academy of Arts and Design in Florence , where he is Teaching Professor, with the presentation of Rodolfo Siviero , exposes a research started in 1974, an operation due to a study on language: I Rilievi, virtual anamorphic images that appear on a wooden structure.
1980-1989
In the eighties, the abandonment of plastic and industrial materials to go back to more 'traditional materials' ( marble, bronze, oil painting ... ) does not take his mind off from his rigorous research on language and on incidence of the light even in paintings.
In 1981 he made  L’Albero della Vita, (The Tree of Life), a sculpture more than three meters high in Roman travertine and onyx, meant for Lignano Sabbiadoro. "Nothing more than a tree, from the origins of human thought, has established itself as a metaphor and as a symbol, a symbol of life in its differentiation with respect to time and space, a symbol of life as a differentiation of the earth,  ‘vertical axis' opposed to the horizontality of the horizon’ '' ... "said Paolo Portoghesi in the presentation of the work.
1990-1999
In December 1990, after more than two decades, he shows again  the Bosco naturale-artificiale (1967) in the exhibition Roma anni ’60 Al di là della pittura at the Palazzo delle Esposizioni di Roma, curated by Maurizio Calvesi and Rosella Siligato.
Of the  following year  is the creation of stained glass, inlays, floor and wall paintings in the Centro Congressi Giovanni XXXIII in Bergamo.
In 1992, in addition to the solo show  Teatro  del Pellegrino, at the Palazzo  Rondanini of Rome, with the presentation of Fabrizio D'Amico, he participates in Seville World Expo '92 with Grande Sinopia Italiana , a sanguine on paper about 140 cm. x 20 meters.
In 1994 the exhibition Paralleli at the Egyptian Academy in Rome, organized by the Academy and by the Association  of the Roman Galleries of Modern Art .
In 1997 he exhibited again his sculptures in  methacrylate in the solo show Gino Marotta - methacrylates  Works 1964-1974 at the Associazione Culturale La Palma in Rome and in the exhibition Dadaismo Dadaismi in Verona, curated by Giorgio Cortenova.
In 1999, the solo show  Gino Marotta . Methacrylates , Palazzo Ricci of Macerata, covers a time span ranging from the early sixties to the second half of the seventies and presents new works  in methacrylate carried out from 1998 to 1999 . "The vivid animation that has pervaded the action of those years has re-emerged, in restoring some pieces inevitably damaged, activating an infectious pleasure to once again play with those materials and means. Resuming now the thread of my speech, has allowed me to create these 'new’ works exhibited, which are somehow an extension of it , " Marotta writes in the catalog .
At year end, in the solo show I nuovi metacrilati at the Galleria Ca 'd'Oro in Rome, Marotta exposes " those magic boxes of wonders, in which the play of transparencies and chromatic overlays mingled with that of the lights and shadows ... in which the full and empty exchanged parties and it was not clear if they were a single work or a lot of works ... " , as  says Gian Piero Jacobelli in the text of the presentation.
He also participates in the exhibition curated by Plinio De Martiis Pop Art in Italia. Pittura design e grafica negli anni Sessanta at the Galleria d’arte Niccoli of Parma. In 1999 he was appointed the National Academic of the  Accademia di San Luca in Rome.
2000-2012
After participating in the Expo 2000 in Hannover, in 2001 he exhibited  in a solo show La luce colorata at the Galleria Ca' d'Oro in Rome, works dating back to 1999 in methacrylate and artificial colored light.
"The support of methacrylate, as it  happens with optical fibers, allows the sudden sliding of the light in the thickness of the grooves engraved on the various surfaces, revealing the  bright images which animate these modern 'icons' that I like to imagine devoid of rhetoric, as I suppose the pictures should be in the age of virtuality and global communication, to which these artifacts belong, at least for technological  and temporal reasons " writes the artist.
In the same year at the Complesso del Vittoriano in Rome, in the retrospective exhibition Methacrylati , he displays methacrylate sculptures and paintings ( 1964-2001 ) .
L’albero della vita , a sculpture of 1973, 240 cm high, and other works become part of the Collezione Farnesina , as shown in the book Artisti italiani del xx secolo alla Farnesina with texts by Maurizio Calvesi and Paolo  Portoghesi.
In the summer 2002 in the one man show Rupestri at the Museo delle Ceramiche di Castelli,  curated by Antonello Rubini, he exposes large boulders in semi-refractory decorated with the engobbia method, and installed  on peat and numerous ceramic sculptures . "At Castelli I saw Marotta molding clay and painting it with the same confidence and sophistication as when he works  with his well-known plastic world ," writes the curator of the exhibition .
He also produced a large stainless steel sculpture about 8 meters high , Il Grande Alone , for the XVI Edizione Scultori at Brufa, in the town of Torgiano ( 2002).
In 2003 he was invited to the exhibition  La Grande Svolta Anni 60, Palazzo della Ragione, Padova, curated by Virginia Baradel , Ennio Ludovico Chiggio and Roberto Masiero .
In 2004, on the initiative of the Istituti Italiani di Cultura, a series of methacrylat paintings of 2003, is exhibited in many cities in Asia : Seoul, at the Pici Gallery, at the Italian Cultural Institute in New Delhi; in Karachi at the Amin Gulgee Gallery; in Islamabad at the Alliance Française, in Taipei at the Taipei Museum Of Modern Art Gallery.
In 2005, after the solo show Natura e artificio in Frascati, Scuderie Aldobrandini , he participates in the Expo 2005 of Aichi and in  the exhibition Pop Art Italia at the Galleria Civica di Modena, curated by Walter Guadagnini .
In October of the same year he is in Paris with three different exhibitions: Prato artificiale (Artificial Grass) at the Galerie Italienne, Boulevard Raspail; Bosco  Naturale-Artificiale  at the Galerie Italienne of rue de la Fontaine au Roi; Paesaggio artificiale at the FIAC. In November of 1957 a lead and tin work, Il Vigilante, is exposed at the Scuderie del Quirinale in Rome, in the  exhibition Burri, gli artisti e la materia 1945 - 2004 .
In 2006 he participated in the exhibition Il Modo Italiano. Italian Design and Avant -garde in the 20th Century, at the Montreal Museum of Fine Arts and the Royal Ontario Museum in Toronto (shown again in 2007 at the MaRT of Trento and Rovereto).
In April, his solo show Gino Marotta Methacrylates at the Nilufar Gallery in Milan.
In June, in the spaces of the Galerie Italienne of Paris, Environnements of the '60s, are proposed again and in October, in London during the Frieze Art Fair, the exhibition – Naturale-Trasparente- Artificiale - 1960 to 2006 at the David Gill Galleries .
In 2007 he received from the President of the Italian Republic Giorgio Napolitano, the Vittorio De Sica Prize for Sculpture and created for the city of Civitanova Marche the Trialone , a sculpture of stainless steel box about 9 meters high where a row of sprays of water and led produce a bright artificial rainbow.
It is of the same year the publication of the monography by Maurizio Calvesi Marotta, with critical notes by Lorenzo Canova, edited by Isa Francavilla and published by Silvana Editoriale.
From 2007 to 2010 he partecipate in Viaggio nell’Arte Italiana 1950-80 Cento opere dalla Collezione  Farnesina (Sarajevo, Sofia, Budapest, Sibiu, Bucharest, Warsaw, Santiago de Chile , Buenos Aires, Sao Paulo, Lima, Caracas, and Guadalajara ), edited by Maurizio Calvesi and Lorenzo Canova (2007 ), '50-'60 La scultura in Italia. Opere dalle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte moderna,  curated by Mariastella Margozzi, Villa d' Este, Tivoli (2007);  20 Maestri della Collezione Farnesina  Mostra d’Arte Contemporanea,  curated by Maurizio Calvesi and Lorenzo Canova , Milan, Malpensa (2007), the much-discussed show / Italics / , curated by Francesco Bonami , Palazzo Grassi, Venice ( 2008): L’energia della materia  Casa Italia,  Beijing Olympic Games (2008),  Energie sottili della materia (Shanghai, Beijing, Shenzhen and Saluzzo ) (2008), Spazio Tempo Immagine at the CIAC , the Italian Center for Contemporary Art in Foligno (2009 ), Il grande gioco Forme d’arte in Italia 1959- 1972 , curated  by Bruno Corà, at the Rotonda della Besana, Milan (2010 ); Rome sixties. Five sculptors, curated by Luca Beatrice, Villa Ottolenghi, Acqui Terme ( 2010); Scultura Internazionale a Racconigi, curator  Luciano Caramel, at the Castello di Racconigi (2010).
From 2007 to 2010, solo exhibitions: Natura e Artificio, Scuola dei Mercanti, Venice, curated by the Galerie Italienne of Paris and David Gill Galleries in London (2007 ), Gino Marotta Naturale_Artificiale at L’Aratro, laboratory of the University of Molise in Campobasso, curated by Lorenzo Canova;  Gino Marotta Anni Cinquanta, curated by Alberto Fiz , at the Studio Gian Galeazzo Visconti of Milan (2007); Trasparente/Apparente, curated by Maurizio Calvesi,  at the Galleria La Nuvola, Rome (2008); Gino Marotta La rotazione dello sguardo inquieto  at the Modigliani Institut , Palazzo Taverna, Rome ( 2009); Gino Marotta Amore amore, curator Ada Masoero, at the Studio Gian Galeazzo Visconti of Milan (2009 ), Gino Marotta Corteo di Primavera e altre luci colorate (Parade of spring  and other colored lights) curated  by Bruno Corà in the cloister and other rooms of the Abbazia of Fiastra, Macerata (2010).
In 2009, the reopening of the MACRO in Rome, in the one man show Gino Marotta , curated by Luca Massimo Barbero, he exposes Eden artificiale, a selection of sculptures of methacrylate (1967-1973 ) and in a second room the work Ricognizione virtuale della savana , designed and built just for this exhibition, a ten meters long installation that uses some of the most modern technologies such as LEDs and lasers. "Penetrating into the work of Gino Marotta is a journey through time and matter ... With him, we chose to make of the exhibition at the MACRO an opportunity to start a journey, not linear but diachronic ... On the one hand, the animals that moving in space and light have found their place in an oasis that turns into environment ... on the other hand something that moves statically in the shadows:  Ricognizione  virtuale della savana is a blade of light and colors in a dark room. A large slab in which the artist makes a sweep of his own work, ordering on a plan together imaginary and physical, the  virtual ‘icons’ of an artistic research that becomes hypertext " writes Luca Massimo Barbero, director of MACRO , in the presentation of the exhibition.
Presented by Maurizio Calvesi with a text entitled La supernatura di Gino Marotta, the exhibition Gino Marotta L’incanto della savana (2010), at the Galleria La Nuvola, offers works that  continue and develop the research started with Ricognizione virtuale della savana  and with the works of the cycle La luce colorata.
In Indaco Piccolo vocabolario personale, Christian Maretti Editore, 2009, are  collected notes, texts, memories, testimonies and private considerations that trace the  personal vocabulary of the artist, protagonist and witness of the cultural events of the last decades.
The methacrylate paintings made ​​between 1998 and 2009 are collected in the book Gino Marotta Pinacoteca artificiale by Lorenzo Canova , Christian Maretti Editore, 2010.
In 2011 he was invited to the 54th International Art Exhibition, Venice Biennale, Italy Pavilion , where he exhibited the Cronotopo Virtuale,  a work-environment – of  colored light in which you can enter, almost go blind and lose the references in the world. Here, as Marotta says " ... the colored light, the optical color, instead of the material color, takes on a physical dimension." The images appear  in all their virtuality and immateriality.
In the same months in Venice, in his solo show Luci d’artificio, curated by Laura Cherubini, at the Caserma Cornoldi on the Riva degli Schiavoni, are exhibited some of his historical works, of methacrylate and artificial ligh , and Luci colorate.
“Works with light are related to the idea of ​​modernity that the artist intends as a free progression of life ," writes the curator of the exhibition.
In 2012 he was invited to the 11th Bienal de La Habana . In the exhibition Tecnica mista Com’è fatta l’arte del Novecento, curated by Marina Pugliese, in the Museo del Novecento in Milan, he exposes Natura Modulare of 1966. In spring, the one man show Gino Marotta Artificiale Virtuale  at the Anna D' Ascanio Gallery in Rome. In September, Gino Marotta Metacrilati 2003-2010, Luci colorate 2011-2012 at the Galleria Peccolo in Livorno.
On the 6th of October, at the Galleria d’arte moderna e contemporanea di Roma, there was the  exhibition Gino Marotta Relazioni pericolose by Laura Cherubini and Angelandreina Rorro. The exhibition had an unusual character: " ... a real and fruitful intellectual relationship which has produced a 'show that does not show ', a path that is naturally following the one already made ​​by Marotta . A liaison dangerously alive among people with different roles and with a common goal: to ensure the viability of the museum and its collections through the eyes and rereading the work of one of the protagonists of the art scene of the late twentieth century and the contemporary age. For about a year, there was a flow of notes, meetings, confrontations between Gino Marotta, Isa FrancavillaMarotta, Laura Cherubini , Angela Rorro and the superintendent Maria Vittoria Marini Clarelli who shared the idea of ​​a route and made its realization possible", the curators wrote . "I tried to use  the material museum as if it was s oil paint, bronze, methacrylate and everything that surface in the undertow of memory, personal and historical ... On this occasion I recovered and put together all the energy, synergy and memories that  bind me to each one of the works in the collection, in a sort of sentimental and perhaps ironic diary that allows me to juggle with the museum, its contents and my imaginary garden. Not forgetting the respect and love for each fragment, I tried to cause short circuits, I would say that my short circuits in this place always feed the passion and desire for the non-manifested, the “fairy” that each artist chases, "says Marotta about the exhibition.
In October, one of his works in the Farnesina collection has been exposed  in the group show Il Palazzo della Farnesina e le sue collezioni at the Italian Cultural Institute in London.
On 16 November 2012 he died in Rome .
On 9 February,  at the Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea of Rome, takes place the day of study Per Gino Marotta, incontro studio. The speakers are  Maria Vittoria Marini Clarelli , Maurizio Calvesi, Laura Cherubini, Bruno Corà . Among the many testimonies: Lorenzo Canova, Barbara Martusciello, Raffaele Gavarro. On the occasion,  Christian Maretti publishes. Corrispondenze di arte e di vita by Gino and Isa Marotta (Letters Correspondences of art and life). “A sort of diary – letters”, Marotta writes in the foreword of the book , " that has become a special habit between me and my wife Isabella. Here you can see clearly the reciprocal roles of witnesses and accomplices that involves us in this adventure and make us responsible without hypocrisy or pretense of convenience. An uncommon way to build a sentimental and creative relationship."
In March, the exhibition A Roma. Obras de la colección Farnesina , Museo de Arte Carrillo Gil, Ciudad de México, curator Laura Cherubini .

















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