domenica 21 dicembre 2014

I MURI DELLA DIFFIDENZA CROLLANO…

Campobasso, 21 dicembre 2014

Inaugurazione del Presepe nella “capanna” di papa Francesco. 
Lunedì  22 dicembre 2014, alle ore 18,00 

A partire da Piazza Vittorio  Emanuele II verso la Capanna dove papa Francesco ha Celebrato la Santa Messa il 5 luglio 2014 (area Ex romagnoli)- Campobasso, ci sarà una processione che attraverserà il corso cittadino  per inaugurare nella Capanna  il Presepe  artistico, simbolo del Natale, realizzato dal’artista Rino Savastano in collaborazione con l’arcidiocesi di Campobasso –Bojano, il Comune di Campobasso e l’Associazione Città Viva. L’arcivescovo  Bregantini benedirà il Presepio che rimarrà allestito per tutto il periodo delle festività natalizie. Tutti i cittadini, bambini, ragazzi, giovani, anziani, famiglie, sono invitati a partecipare per vivere lo speciale ricordo della visita del Pontefice in Molise. Il momento celebrativo vuole essere uno stimolo ad intitolare l’area a “Parco urbano papa Francesco”. «Nel presepio e nell’albero ritroviamo segni cari e suggestivi per i cristiani , ma anche un messaggio valido per tutti:“Essi richiamano il Mistero dell’incarnazione, il Figlio unigenito di Dio fattosi uomo per salvarci, e la luce che Gesù ha portato al mondo con la sua nascita. Ma il presepe e l’albero toccano il cuore di tutti, anche di coloro che non credono, perché parlano di fraternità, di intimità e di amicizia, chiamando gli uomini del nostro tempo a riscoprire la bellezza della semplicità, della condivisione e della solidarietà» (papa Francesco, 2014). 

Riflessione di Pace di mons. Bregantini

Anche dal nostro piccolo Molise ci gustiamo i segni di Pace natalizi che Dio ci sta donando, in maniera inaspettata e perciò graditissima. I muri della diffidenza crollano uno ad uno….  Di seguito la riflessione di mons. GianCarlo Bregantini, Presidente della Commissione CEI per il Lavoro Giustizia Pace e Creato,  a conclusione  di questo anno che ha visto Campobasso città della Pace  2014:
L’ultimo muro crollato!
«Anche i muri crollano, uno ad uno, in tante parti del mondo. Ne restano ancora alcuni e altissimi, come quello in Palestina. Ma intanto il muro tra Cuba e USA, fatto di un mare invalicabile e pericolosissimo per gli alligatori che tanti profughi disperati hanno divorato: questo muro è crollato. Proprio il 17 dicembre, giorno del 78° compleanno di papa Francesco, che è stato uno degli attori più fiduciosi di questo crollo.
L’umanità tutta esulta. Tuttavia è bello, in dialogo serrato, alla luce anche della freschezza che ci ha regalato Benigni, capace di rileggere le Dieci parole con un linguaggio inatteso e fortemente attualizzato, esaminare fraternamente alcune delle cause che hanno contribuito a questo segno. Un’analisi che ci potrà aiutare a definire il lavorio che ciascuno di noi è chiamato a compiere, per abbattere quei muri che noi, spesso, sappiamo alzare, in politica, in famiglia, tra colleghi, nelle comunità parrocchiali.
Tre a mio giudizio sono state la cause che hanno permesso, un po’ alla volta, di attraversare quel braccio di mare, lungo solo un centinaio di miglia. Vicini e lontanissimi quei due mondi.
Prima di tutto, lentamente è maturata tra la gente cubana una progressiva consapevolezza dell’ingiustizia del regime. Poi, gli americani si sono accorti, con crescente amarezza, che l’isolamento economico non aveva per nulla funzionato. Soprattutto, sotto quel muro, tra quelle due sponde avversarie, tantissimi ambasciatori di pace hanno lavorato adagio adagio, in grande silenzio, per superare le ostilità e vincere le diffidenze reciproche. Un lungo cammino, paradigmatico anche per il nostro vissuto in Molise, oggi.
La gente di Cuba è sempre stata fiera, tenace e decisa. Tutti noi li abbiamo guardati con ammirazione. Ed oggi, ancor più, perché si avviano a consolidare quei cammini di crescita scientifica che hanno compiuto nella medicina, specie mettendosi a servizio di chi nel mondo soffre maggiormente. Come quei centinaia di medici, già partiti per l’Africa, per fronteggiare l’epidemia di Ebola. Nessun altro paese al mondo ha inviato così tanti medici. Veramente senza frontiere. Per tanti paesi poveri, quell’isoletta è un sicuro punto di riferimento. Ora lo potrà essere ancor di più, coltivando però ideali alti, veri, solidali, senza cedere alle lusinghe dell’immediato guadagno. Ce lo auguriamo tutti.
Saggio è poi constatare che l’isolamento non ha funzionato, come ha detto espressamente Obama, in televisione, nel darne l’annuncio. Volesse il cielo che questa consapevolezza della inutilità della violenza, di ogni tipo, potesse essere la linea di condotta degli Usa in tutti i paesi del mondo. Ed anche nel nostro cuore. La mitezza vince sempre. Non così la violenza. Anzi, il Signore rovescia i potenti dai troni ed innalza gli umili. Anche in questo caso! Con immediata eloquenza. I muri, adagio adagio, cadono tutti. I metodi violenti si sgretolano. Troppo grande è il cuore dell’uomo per restare dentro i recinti.
Soprattutto, è bello venire a conoscenza che per questo crollo tanti hanno pregato, hanno operato, hanno portato un soffio di spirito nuovo. Sia in Usa che a Cuba. A cominciare dall’azione di pace di papa Giovanni, per superare il rischio di uno scontro planetario, nel 1962. Poi, il viaggio trionfale di papa Giovanni Paolo II, nel 1998, ripreso recentemente da papa Benedetto nel 2012, culminate nelle tante lettere e telefonate di papa Francesco!
No es facil ripetono con saggezza a Cuba. Non è stato facile: non è stata una sola spallata a far crollare il muro, un solo gesto per solcare quel mare pericolosissimo. Al contrario è  stato reso possibile da un intreccio di mani, di gente che ha sognato e combattuto e  non si è rassegnata “ad accettare un mondo come è,  per sognare invece un mondo come dovrebbe essere”, nella spinta di papa Francesco, ed è accaduto   perché la pace è artigianale, come ama dire con saggezza il pontefice, nella sua Evangelii gaudium.
Ma ora cosa accadrà? La storia ci insegna che non mancheranno le insidie. Anch’io, come vescovo, sento che, quando si riesce a mettere allo stesso tavolo contendenti storici, a far abbracciare cuori divisi da molto tempo, certamente non basta un singolo gesto. Le insidie che intuisco sono quelle che spesso mi sono ritrovato davanti, con amarezza. Perché la pace è artigianale, dicevamo!  Decisiva sarà la purificazione della memoria, che resta la vera arte interiore e culturale della pace: essa parte sempre dalle lavagne delle scuole. Poi,  sarà necessario non cedere alla voglia di vendetta di chi è scappato decenni fa e vuole ora rifarsi, con atti di eloquente dimostrazione: noi abbiamo sofferto…soffrano anche loro! Infine, decisivo resta il proposito di uscire insieme dal labirinto, mai da soli!
 E’ proprio vero che la storia è magistra vitae!  Ci auguriamo di esserne discepoli attenti e fedeli, attorno al presepe, tutti insieme! »


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