sabato 6 giugno 2015

SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINI IL MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO BREGANTINI

Campobasso, 6 maggio 2015

«Occhi per il cielo, occhi per l’altro»

«Guardarsi intorno e seminare. Non c’è altro impegno che questo nel mondo! Distribuire il pane della dignità! Difenderlo. Benedirlo. Perché il “pane di tutti è un pane unico”, come risuona il motto scelto quest’anno per celebrare la Festa di Corpus Domini, con la consueta tenda eucaristica che noi come diocesi, ormai da sette anni poniamo nel cuore della città di Campobasso. Segno che veramente l’Eucaristia è rendimento di grazie a Dio nella condivisione del pane con i fratelli. Perché ciò che non è partecipato, messo sulla mensa comune, frazionato prima o poi s’inaridisce, ammuffisce. Esiste, di fatto, per ciascuno una duplice responsabilità: di presenza e di perseveranza. La prima riguarda l’esigenza di traghettare la storia col proprio “eccomi”, che diventa poi lampada accesa che adora e illumina. La seconda è la capacità di restare saldi, aggrappati ai propri valori, dentro i sismi devastanti delle ideologie contemporanee che tendono a rimuoverli, contrastando i venti violenti dell’”inequità”, come la chiama il Papa. Specie di fronte alla nuova ondata di arresti coinvolti nell’inchiesta su Mafia Capitale. 
C’è bisogno dell’unico, vero Pane! Quale? La carità. Moltiplicarla è vivere e far vivere. Perché dove c’è carità, lì è possibile costruire una comunità di uomini e donne dal lievito fertile, dalla coscienza limpida, che, più si donano più diventano tabernacoli viventi della gratuità di Dio, della Sua stessa verità che li trasforma. Ed è questa la parola chiave della solennità di Corpus Domini, che ci permette di interrogarci su cosa è venuto meno in tutti questi anni anche nella Libia, dove va con urgenza fermato il traffico di persone e impedito che altre vite siano così calpestate e violate.
La dignità della persona da tutte le parti subisce vessazioni, profanazioni. Ovunque c’è gemito di disperazione. Ecco perché mi sorge in cuore questa domanda: quando si deturpa una scultura meravigliosa, chi si ferisce, chi si umilia, chi si offende? L’autore o l’opera soltanto? La risposta echeggi nella coscienza di ognuno, per come si ritiene.
Trovo conforto e lo affido anche a voi con questo versetto che recita così: “Ti adoro con devozione, o Dio che ti nascondi”. Lo recito ogni giorno. E’ il primo versetto del canto “Adoro Te devote”, che tanto mi ricorda padre Tarcisio, salito al cielo da quasi un anno.
La speranza ci chiama all’amicizia, all’unità. Ogni giorno. Perché la speranza ci aiuta a camminare verso quel compimento definitivo, attraversato da lacrime e dalla certezza che il mondo, benché talvolta appare così risucchiato dai suoi stessi fallimenti, sarà ri-attirato al cuore della Verità. La speranza è quel “luogo” dove chi si è allontanato può ritrovarsi, può rientrare in una strada di senso e di valore e riconciliarsi col tempo perduto.
Siamo tutti preda di inadeguatezze, di errori, di smarrimenti, quando non ci chiudiamo alle cose vere, buone e amabili. Ma la posta in gioco nella vita rimane sempre alta! Se le nostre azioni non sono accompagnate dall’aiuto di Dio, invano cerchiamo libertà e felicità altrove. Quante volte ci lasciamo inchiodare al legno della corruzione invece che a quello della Croce!
Quante volte pratichiamo fatalismi, e viviamo come privi di attesa, di promessa! Quante volte bramiamo autonomie, e poi mendichiamo attenzioni, legami!
Da tutto ciò ci mette in guardia il grido dei poveri, diventato nel nostro mondo ormai assordante. Quante volte guardiamo nel loro pianto come in uno specchio e poi dimentichiamo quanto abbiamo visto, continuando a vivere come se non ci fossero!
C’è un deserto che avanza! Ma mi rafforza quello che una mistica spesso ripete nei suoi colloqui spirituali:
Quando la valle è senza sbocco, volgiti al cielo! E’ tutta una questione di sguardo, di occhi che si dissetano alla luce di Dio. Lo impariamo dinnanzi al Corpo di Cristo sull’altare, scuola di amore perenne per chiunque si lascia raggiungere lì dove ci sono ferite e ombre.
Io guardo al Signore e capisco che la pace viene dal lasciarmi guardare da Lui. Così guardo a me stesso con misericordia. Quello sguardo poi lo rivolgo ai fratelli e insieme guardiamo al Signore che ci benedice col suo sguardo di Salvezza ».

                                                                                            +p.GianCarlo Bregantini, Vescovo

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