giovedì 6 dicembre 2012

CAMPOBASSO “MONONGAH DAL FATTO AL SIMBOLO”

Campobasso 6 dicembre 2012

“Monongah: dal fatto al simbolo”
Ugl, convegno a Campobasso

52 FOTO DELL'EVENTO










“Monongah: dal fatto al simbolo”. Questo il titolo del convegno, svoltosi con inizio alle ore 10:00, nella sala della Costituzione dell’Ente provinciale di Campobasso, organizzato dall’Ugl per ricordare la tragedia mineraria di Monongah avvenuta proprio il 6 dicembre del 1907 e nella quale persero la vita centinaia di minatori italiani. 
Le conclusioni dell’incontro affidate al segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella.
“Questa tragedia - spiega il segretario confederale dell’Ugl, Geremia Mancini, promotore dell’evento -, causò la morte di quasi 400 minatori ufficiali, ma alcune fonti arrivano a raddoppiarne i numeri, molti dei quali italiani, per la maggioranza molisani. E’ una vicenda che merita rispetto ed attenzione e va attualizzata per far comprendere l’importanza della sicurezza e della dignità del lavoro”.

MONONGAH 6 DICEMBRE 1907
UNA FATALE MATTINATA

La più grande strage mineraria americana si consumò alle ore 10 del mattino del 6 dicembre del 1907. Una tragedia nella quale, ufficialmente, morirono 171 lavoratori arrivati dal Sud del nostro Paese. Molti, molti di più, invece, secondo stime recenti.
La miniera è proprio all'ingresso di Monongah, un paese fantasma della provincia americana, situato nel nord del West Virginia, meta disperata dell'immigrazione dell'inizio del secolo scorso. Qui si verificano una serie di violente esplosioni sotterranee.
Le viscere della terra tremano e ingoiano centinaia e centinaia di operai. Tante le croci senza nome con su scritto ''qui giace un eroe''. 
Il giorno prima la cittadina e il circondario, oltre 3.000 persone, hanno celebrato la festa di San Nicola alla parrocchia italiana della Madonna di Pompei e a quella polacca di San Stanislao. La sirena della miniera ha chiamato 500 minatori, un benvenuto appello al lavoro in vista di Natale.
Sul West Virginia Times , il giornale dello Stato, Thomas Koon ha ricostruito la fatale mattinata. La miniera è un modello, è dotata di macchine elettriche per il taglio del carbone, di ventilatori per l'aspirazione meccanica, e di mini locomotive per la ferrovia sotterranea che collega i pozzi, ma il lavoro è molto duro e rischioso.
La mattina del 6 dicembre 1907 i minatori italiani, polacchi, slavi e turchi, si apprestavano a recarsi al lavoro. Faceva un gran freddo perché arrivava un vento gelido dai vicini Monti Appalachi (che prima dell’arrivo dei bianchi erano abitati da tribù indiane: infatti Monongah altro non significa in antico dialetto indiano che “lupo”) e tra i moltissimi minatori che erano pronti a scendere nelle gallerie c’era un numero considerevole di clandestini, cioè lavoratori non ufficialmente registrati. Tra questi ultimi molti erano ragazzi, detti “raccoglitori di ardesia o ragazzi dell’interruttore”.  Alle 7 del mattino, secondo la testimonianza di L. Malone, direttore delle gallerie 6 e 8, al “Fairmont Times”, erano entrati 478 minatori e un centinaio di operai addetti ai muli, alle pompe e ad altre attività.
Tra le 10.20 e le 10.28, dentro e fuori le miniere 6 e 8 si scatenò l’inferno: esplosioni di violenza inaudita si scatenarono provocando un vero e proprio terremoto che scosse la terra sino a 12 Km di distanza. Un misto di polvere di carbone e gas metano trasformò i due tunnel in una immensa camera ardente. 

Un primo conteggio ufficiale stabilì il numero delle vittime in 361 uomini e ragazzi, 171 dei quali certamente italiani. Si trattò, secondo anche quanto hanno affermato i giornali dell’epoca, della più grande tragedia mineraria della storia degli Stati Uniti.


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